Gli oratori, che riprendono ufficialmente le loro attività abituali, sono chiamati dall’arcivescovo a rinnovare il loro impegno missionario, in concomitanza con il Mese missionario straordinario, indetto da Papa Francesco e inaugurato per l’arcidiocesi di Milano da mons. Delpini con una Messa presso il PIME.
di Michele Brambilla
Il 22 settembre segna l’inizio dell’anno oratoriano. In questi giorni i ragazzi che seguono la catechesi nelle parrocchie stanno ricevendo dei cartoncini a forma di scarpa: è un invito a lasciare l’impronta della propria testimonianza cristiana, come scrive mons. Mario Delpini in occasione della ricorrenza. «L’oratorio rivolge un invito a mettersi in cammino. Fai parte di una squadra, sei atteso e apprezzato. Procurati le scarpe. Cioè non perdere l’occasione per essere dei nostri: una impresa affascinante ci aspetta», quella della missione cristiana.
L’arcivescovo ammette che «mi capita di incontrare adulti (genitori, educatori, preti e consacrate) che con i loro discorsi sembrano scoraggiati e inducono allo scoraggiamento. Sembra che l’impresa di educare sia un investimento fallimentare: i ragazzi d’oggi sono distratti, irrequieti e non ascoltano; le famiglie d’oggi sono indaffarate in una vita frenetica e non hanno tempo né energie per educare i figli; il mondo d’oggi è insidioso, invadente, prepotente e dispone di mezzi enormi per attrarre i giovani», di fronte ai quali gli oratori sembrano possedere una matita spuntata. Chi la pensa in questo modo, dice mons. Delpini, pecca di poca fede. «La Chiesa di Milano lancia questo messaggio per i ragazzi, le ragazze e per i loro genitori: “C’è la meta, sei attrezzato, c’è chi ti sta accanto e ti incoraggia: ora corri!”».
Lo dice non soltanto ai ragazzi degli oratori, ma anche ad ogni adulto battezzato dell’arcidiocesi. E’ per loro che il 15 settembre, presso la rinnovata sede milanese del PIME, mons. Delpini ha inaugurato con diverse settimane di anticipo il Mese missionario straordinario indetto da Papa Francesco in concomitanza con il Sinodo sull’Amazzonia (6-27 ottobre). Nella sua omelia l’arcivescovo ha ancora una volta denunciato i rischi: «In certi momenti, in certi luoghi il contesto è ostile: la gente sembra animata da un risentimento verso Gesù, le sue parole fanno arrabbiare quelli che le ascoltano, la sua intenzione di salvare è ricevuta come una offesa da quelli che presumono di essere già salvi. La missione di Gesù è contrastata con violenza. In molti paesi anche oggi l’ambiente è ostile. I cristiani sono esposti alla violenza fisica che distrugge le chiese e uccide i cristiani; sono esposti alla polemica delle parole e delle accuse; sono considerati nemici del bene e della pace», proprio loro che seguono il Pacifico. Ciononostante, parafrasando Ebrei 12,1 (l’epistola del giorno), «noi corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù: pensate a Gesù, per non perdervi d’animo. I discepoli di Gesù continuano ad amare, a servire, a sperare, non si lasciano zittire dalle ostilità perché tengono fisso lo sguardo su Gesù e continuano la missione che Gesù ha loro affidato».
Lunedì, 23 settembre 2019