L’emergenza COVID19 obbliga le diocesi lombarde a sospendere tutte le attività previste nelle parrocchie, comprese le Messe. Una misura molto dura, che suscita quale polemica. Mons. Delpini vede però anche in questa situazione particolare un’occasione di bene.
di Michele Brambilla.
La settimana di Carnevale nelle parrocchie ambrosiane è normalmente molto ricca di animazioni, tavolate e sfilate per le vie del paese fino al suono delle campane che, al tramonto del Sabato Grasso, annunciano l’inizio della I domenica di Quaresima. A partire dal 23 febbraio, però, la tradizione secolare dei nostri borghi è stata sconvolta dallo stato di emergenza dettato dalla comparsa in alcuni paesi della diocesi di Lodi del virus COVID19, il temibile “coronavirus” che dalla Cina è deflagrato in tutto il mondo, il quale porta con sé l’obbligo di sospendere tutte le iniziative parrocchiali e soprattutto le Messe, sia festive che feriali, in ottemperanza ai protocolli sanitari diramati dal governatore Attilio Fontana di concerto con il Ministero della salute. Una misura, quella della sospensione del culto pubblico nelle chiese, che ha suscitato un comprensibile malumore nei fedeli e persino qualche polemica malevola.
Nei medesimi giorni mons. Mario Delpini traccia una lettura spirituale degli eventi. In fin dei conti, non è la prima volta che l’arcidiocesi di Milano deve affrontare un’epidemia. Il pensiero corre subito alle due celebri pestilenze del 1576 e del 1630, durante le quali i milanesi videro all’opera la carità teologale di san Carlo Borromeo (1564-84) e di suo cugino, il card. Federico (1595-1632). Una risposta oggi irrisa dai fanatici dell’ambientalismo antiumano («siamo riusciti a sopravvivere alla peste quando la medicina migliore erano degli uomini, vestiti di stracci che parlavano in Latino»), infuriati con il coronavirus perché ha tolto loro le prime pagine dei giornali, ma alla quale mons. Delpini risolutamente rimanda per riscoprire, oggi come allora, il significato profondo della nostra esistenza. «La benedizione di Dio ispiri la prudenza senza allarmismi, il senso del limite senza rassegnazione», scrive l’arcivescovo nelle prime ore dell’emergenza (24 febbraio) invitando tutti a non farsi prendere dal panico.
Il cattolico non è un rassegnato, perché sa che Cristo è risorto, che dopo il buio ritorna sempre la luce. Mons. Delpini estende la sua benedizione a tutti coloro che lo ascoltano per televisione, radio e diretta streaming e si dice certo che «chi è costretto a sospendere le attività ordinarie troverà occasione per giorni meno frenetici: potrà vivere il tempo a disposizione anche per pregare, pensare». In effetti, le parrocchie si ingegnano per trovare modalità inedite di “preghiera diffusa” e le chiese rimangono aperte per la meditazione individuale. Le Messe private mandate in onda su Facebook o i canali Youtube (mons. Delpini si affida, invece, alla più tradizionale televisione “in chiaro” per trasmettere la celebrazione domenicale del 1 marzo) vengono ugualmente annunciate con il suono delle campane, che invitano i fedeli a raccogliersi dovunque essi siano.
Anche il coronavirus, insomma, è un’occasione per riscoprire la centralità di Dio nella nostra vita: nell’ottica ambrosiana non è altro che un venerdì aliturgico un po’ più lungo. Nel messaggio registrato per le parrocchie milanesi di rito romano per il Mercoledì delle Ceneri, l’arcivescovo afferma: «celebreremo una Pasqua più intensa e più festosa se l’avremo veramente desiderata».
Lunedì, 2 marzo 2020