Mons. Delpini fa suo il desiderio dei fedeli che si possa presto tornare a celebrare pubblicamente l’Eucaristia. Siamo come il profeta Giona, servi recalcitranti di Dio, consapevoli dei nostri limiti, che possono essere colmati solo dalla misericordia di Dio e dalla Grazia sacramentale.
di Michele Brambilla
Nel pomeriggio del 9 aprile mons. Mario Delpini trasforma la Messa in Coena Domini, trasmessa in diretta televisiva sul canale 195, in un momento nel quale dialoga a cuore aperto con i sacerdoti e i fedeli ambrosiani.
Prendendo spunto dalla lettura (Gio 1,1-3,5.10) e dall’epistola (I Cor 11,20-34), l’arcivescovo incalza i suoi ascoltatori: «c’è qui una parola per voi, profeti in fuga dalla missione, profeti spaventati per l’ostinato desiderio di Dio di salvare la gente di Ninive, di salvare invece che punire, di salvare invece che distruggere». Come Giona, infatti, siamo spesso recalcitranti di fronte agli ordini perentori del Signore, che vuole che tutti siano salvati dalla Sua misericordia, e ci crogioliamo nella falsa mistica del “piccolo gregge”, salvo riconoscere che non riusciamo spesso ad andare d’accordo neppure tra noi cattolici. «C’è», infatti, «una parola per voi, comunità deludenti che siete convocate dall’amore e non vi amate; comunità insignificanti, che dovreste essere un segno di comunione nello spezzare del pane e siete separati da beghe meschine, rivalità ridicole, egoismi impenetrabili».
Siamo timorosi, difettosi, polemici (l’arcivescovo accenna anche alle discussioni che hanno accompagnato queste settimane di sospensione del culto pubblico), ma siamo ugualmente destinatari di un annuncio: «la parola è questa: voi siete dentro la storia della salvezza», che non defeziona neppure davanti alle pandemie. «[…] la comunità deludente e imperfetta, proprio questa Chiesa, custodisce quello che ha ricevuto dal Signore e che dall’apostolo è stato trasmesso. Proprio questa comunità che molti hanno lasciato, delusi nelle loro aspettative o pretese, che molti hanno contestato, che è di moda irridere e squalificare, proprio questa Chiesa celebra l’Eucaristia e diventa un cuore solo e un’anima sola», o almeno ci prova con l’aiuto della Grazia.
Solo l’Eucaristia ci costituisce in unità, pertanto mons. Delpini al termine della celebrazione riconosce, rivolgendosi una seconda volta ai fedeli con un discorso a braccio, che non sarà davvero festa fino a che non si potrà tornare a celebrarla pubblicamente, con il concorso di popolo: «abbiamo celebrato questa Messa in Coena Domini proprio a ricordare l’istituzione dell’Eucaristia, quello che più manca nelle nostre comunità in questo tempo. È una mancanza irrimediabile: soltanto quando potremo celebrare le nostre assemblee festose, potremo dire che è ritornata la normalità» nel pieno senso della parola. «Io sono contento», prosegue l’arcivescovo, «se tante persone hanno seguito, attraverso la televisione e i media, questa Celebrazione o stanno seguendo quella di Papa Francesco o dei loro preti nelle parrocchie. È un modo imperfetto di partecipare, però è un modo con cui la gente dice che vuol bene ai suoi preti e che desidera partecipare all’Eucaristia. Così posso anche dire che i preti vogliono bene ai loro fedeli. Credo che, oggi, molti sacerdoti saranno desiderosi di fermarsi in adorazione, magari anche più di un’ora, per poter raccogliere, nella loro preghiera, tutti i loro fedeli».
Lunedì, 13 aprile 2020