L’arcidiocesi di Milano attiva il Fondo S. Giuseppe per sostenere chi rischia la povertà a causa del COVID-19 e mette in campo uno sportello telefonico per la direzione spirituale.
di Michele Brambilla
Mons. Mario Delpini ha concluso la Messa del giorno di Pasqua affermando che «in questi tempi siamo stati travolti da un’alluvione di parole che non accenna a finire. Forse anch’io ci ho messo la mia parte, però adesso non voglio più dire parole se non invocare la benedizione del Signore. Che entri in tutte le case, là dove l’essere chiusi in casa è più noioso, è più irritante. Arrivi la benedizione di Pasqua come un dono della gioia per la presenza di Gesù; arrivi come un ritmo, un orario della giornata fatto di momenti che danno gioia, non solo un’emozione di un istante. E voglio che la benedizione di Pasqua arrivi anche in quelle situazioni in cui, pur permettendolo le autorità, non si può uscire di casa».
Queste parole si sono concretizzate lungo le due classiche direttrici della carità corporale e della carità spirituale. Per quanto riguarda la carità corporale, lo scorso 22 marzo è stato attivato il Fondo S. Giuseppe, “costola” del Fondo famiglia-lavoro istituito nel 2008, che cerca di venire incontro soprattutto a chi svolge mestieri drammaticamente condizionati dall’emergenza coronavirus e si trova in gravi ristrettezze economiche. Alle soglie della Pasqua il Fondo S. Giuseppe ha valicato la soglia dei 5 milioni di euro e arrivano già le prime testimonianze dei beneficiati: «i profili che emergono dalle prime richieste di aiuto», dice il direttore di Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti, «mostrano quanto pesanti sino già stati gli effetti del lockdown per le fasce più deboli della popolazione, il popolo dei lavoretti che vive ai margini del mercato dell’occupazione e per questa ragione è escluso da ogni tutela».
La carità spirituale è, invece, l’oggetto specifico di una sorta di “linea diretta” che il 16 aprile viene affidata ai religiosi residenti nell’arcidiocesi. Partecipano all’iniziativa conventi come S. Maria delle Grazie a Milano e l’omonima chiesa di Monza, santuari come Imbersago o Concesa, case per i ritiri come quella di Eupilio o il Collegio degli Oblati di Rho. Lo scopo, spiega in maniera molto chiara mons. Delpini, è quello di offrire spazi per una direzione spirituale a distanza: «ci sono infatti messaggeri di Dio che portano parole di consolazione, parole di verità, parole di speranza», paragonabili, per il loro ministero, agli angeli. «La fantasia devota si immagina gli angeli come persone con ali bizzarre, che non si sporcano mai, che sorridono e cantano sempre come esseri giulivi. Invece in questo tempo di desolazione gli angeli rispondono al telefono, ascoltano, condividono, pregano, benedicono. Talora anche piangono. Abbiamo trovato di questi angeli ordinari anche in giro per la nostra terra devastata dall’epidemia e si sono resi disponibili» a questo delicatissimo compito, specialmente quando a telefonare è «chi si sente solo, chi è tormentato da inquietudini e sensi di colpa, chi è ferito dalla morte, chi è angosciato dalla malattia, chi è logorato da una convivenza troppo noiosa». A tutti costoro «basta fare il numero di telefono: “Pronto? C’è un angelo?”. Io credo che risponderà e forse regalerà un sorriso, forse condividerà una lacrima».
Lunedì, 20 aprile 2020