Come san Carlo Borromeo, che cita esplicitamente, mons. Delpini esorta Milano a non dimenticare gli insegnamenti morali e spirituali della pandemia.
di Michele Brambilla
Giovedì 11 giugno, solennità del Corpus Domini secondo il calendario ambrosiano, mons. Mario Delpini celebra Messa in Duomo davanti a rappresentanze dei consigli diocesani, dei movimenti, delle associazioni, delle confraternite e delle istituzioni cittadine. Non potendo svolgere la processione tradizionale, al termine della celebrazione l’arcivescovo presiede un momento di adorazione eucaristica, accompagnato dalle testimonianze di un medico, di una mamma, di un cappellano ospedaliero e di un ministro straordinario dell’Eucaristia che hanno affrontato i momento più duri della pandemia.
Mons. Delpini esorta nell’omelia: «vivi, Milano! Vivi, oggi! Non puoi solo aspettare che sia passata l’epidemia, che venga l’estate, che venga settembre, Vivi oggi. Vivi, non accontentarti di sopravvivere, di tirare avanti, di dire: “Vedremo, speriamo…”. Vivi con tutta la gioia di essere viva, con tutto la responsabilità di mettere a frutto le tue risorse, con tutta l’intelligenza di fare bene il bene». L’arcivescovo chiede che ora si resista, senza esitare, alla “cultura della morte” che imperversava prima della fase emergenziale: «vivi e resisti alla morte, contrasta chi sparge semi di morte, chi avvelena i nostri giovani convincendoli che le dipendenze siano divertenti, che la droga e l’alcool siano le medicine di cui hanno bisogno per vincere la tristezza, la depressione, la solitudine, lo smarrimento. Vivi e resisti alla stanchezza, contrasta chi suggerisce che è meglio essere soli, piuttosto che infastiditi dai bambini, che è meglio vivere di rapporti precari piuttosto che dalla fedeltà che accoglie la vita. Vivi e incoraggia chi genera vita, offri casa alla famiglia, offri ai bambini le condizioni per crescere, bene, insieme».
Mons. Delpini ripete, allora, le parole che scrisse il suo predecessore san Carlo Borromeo (1565-84) nel celebre Memoriale ai Milanesi al termine della pestilenza del 1576: «“Conosci, o Milano, e riconosci la grazia, che da sua divina Maestà è stata concessa a te e alla tua Diocese. […] Conosci, Milano, quello che Dio ti ha donato; imperocchè l’uomo animale, dice l’Apostolo, non intende le cose di Dio, né altro spirito l’intende, che quello che è da Dio. A questa cognizione tutta ti è grandemente necessario aprir gli occhi” (Carlo Borromeo, Memoriale ai Milanesi di Carlo Borromeo, Milano 1965, p. 7)». E ci aggiunge di suo: «conosci, Milano! Riconosci che la tua vita, la tua gloria, la tua potenza, il tuo prestigio sono precari e insicuri se non trovano una radice più profonda delle tue qualità e delle tue risorse», radice che si può trovare solo nella fede cattolica.
A mons. Delpini preme soprattutto la centralità dell’Eucaristia: «abbiamo questa parola di Vangelo: Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno … come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. In questa tragedia che abbiamo condiviso e che continuiamo a soffrire, riceviamo la promessa di Gesù come una parola di speranza, come una rivelazione di sapienza, come l’indicazione di un cammino, per noi, per la città, per questa società». È l’Eucaristia che fonda la comunità cristiana, è l’Eucaristia che ricostruirà Milano, come è sempre stato nella sua storia.
Lunedì, 15 giugno 2020