L’arcivescovo incontra un decanato relativamente toccato dal Covid-19 e invoca l’intercessione di san Rocco, storicamente molto venerato nelle terre ambrosiane, contro la pandemia.
di Michele Brambilla
Dal 15 al 23 agosto mons. Mario Delpini compie la visita pastorale al decanato di Porlezza. È la prima visita pastorale successiva all’emergenza coronavirus e avviene in un decanato che, a detta del vicario episcopale della Zona III, mons. Maurizio Rolla, è stato preservato dalle conseguenze peggiori della pandemia: «forse le criticità sono soprattutto all’interno della vita socio-familiare e parrocchiale. La tradizione qui conta e la gente è molto legata alle proprie parrocchie, alle chiese, al passato», ha sempre obbedito alle direttive arcivescovili. Del resto, «Porlezza è un’enclave» ambrosiana stretta tra il lago di Como e quello di Lugano, nei pressi del confine con la Svizzera. Come scrive lo storico dell’arte Luca Frigerio, «da Carlo Magno in poi, la Valsolda ha respinto per nove secoli ogni invasore, italico o straniero. L’unica autorità riconosciuta e invocata fu quella dell’arcivescovo di Milano: da sempre quassù crebbe una fedele comunità ambrosiana», che partecipa ancora con entusiasmo alle funzioni religiose e agli oratori.
Il decanato ha come punto focale il santuario della Madonna della Caravina, costruito dove l’11 maggio 1562 l’immagine posta in una semplice edicola mariana, raffigurante la Pietà, cominciò a lacrimare miracolosamente. Le parrocchie sono 20, riunite in 4 comunità pastorali, servite da 7 sacerdoti. Il decano, don Cesare Gerosa, ha appena terminato il suo incarico di responsabile della comunità pastorale della Valsolda e risiederà a partire dal 1 settembre a Taceno; il parroco del capoluogo, Porlezza, è don Graziano Rudello, giunto nel 2015: nel passato di entrambi i sacerdoti c’è il paese di Cassina de’ Pecchi, di cui sono stati rispettivamente vicario di pastorale giovanile (1975-84) e parroco (2002-15).
Mons. Delpini arriva al santuario della Caravina nel pomeriggio del 15 agosto per celebrarvi la Messa della solennità. Ogni tappa della visita pastorale è così strutturata: preghiera sulle tombe dei defunti al cimitero; Messa nella chiesa parrocchiale; incontro con i consigli pastorali delle comunità visitate. Il 18 agosto è riservato ai colloqui con i sacerdoti, mentre il 21 ascolta i giovani. Come nei secoli passati, l’arcivescovo non tralascia neppure i monasteri (in questo caso le clarisse di Cademaro, convento che sorge in pieno territorio svizzero) e le autorità civili.
Poiché siamo ancora in piena pandemia, il 16 agosto l’arcivescovo compie un gesto significativo: sale fino alla chiesetta di S. Rocco sui monti sopra Porlezza, di cui ricorre proprio in quel giorno la festa patronale, e chiede l’intercessione del santo contro il Covid-19. Mons. Delpini, che suona personalmente le campane del piccolo santuario, si ricollega così ad una tradizione molto antica delle nostre popolazioni.
San Rocco di Montpellier (1295-1378), infatti, è sempre stato invocato dai lombardi contro le pandemie perché si ammalò di peste e riuscì a guarire. I fedeli ambrosiani hanno sempre avuto una particolare predilezione per san Rocco, specialmente in epoca post-tridentina. Il diradarsi delle epidemie e l’Illuminismo, nemico giurato della pietà popolare, hanno fatto cadere nel dimenticatoio molte tradizioni legate al culto del santo taumaturgo, un tempo portato in processione in tutti i paesi ambrosiani per ricordare le vittime della peste. Ogni 16 agosto si chiedeva a san Rocco di intercedere per i defunti e preservare i vivi da ogni nuovo pericolo pandemico.
Lunedì, 24 agosto 2020