Nella successione apostolica si manifesta in maniera particolarmente evidente la provvidenza e la misericordia di Dio, che pasce il Suo popolo servendosi di uomini consapevoli dei propri limiti, ma anche dell’enorme Grazia ricevuta.
di Michele Brambilla
Il 31 agosto, 8 anni dopo il transito dell’arcivescovo card. Carlo Maria Martini (1927-2012), mons. Mario Delpini celebra in Duomo una Messa di suffragio per tutti i suoi immediati predecessori defunti, a partire dal beato card. Alfredo Ildefonso Schuster (1880-1954).
L’omelia dell’arcivescovo riflette su cosa significhi in genere fare memoria di una persona a noi vicina: «non è tanto difficile elogiare i lontani, esaltare le qualità meravigliose degli sconosciuti, proporre il panegirico di uomini e donne dei secoli passati, di paesi lontani, quelli che per fama, per virtù, per esemplarità, per inarrivabile eroismo meritano statue e discorsi, titoli altisonanti e tentativi di imitazione. Ma per favore», dice con una punta di sorriso, «non fate l’elogio di mia suocera: la conosco bene, i difetti li conosco tutti, delle virtù non sono informato. Per favore non fate l’elogio del mio vicino di casa. Non pensateci neppure a fare l’elogio del mio parroco»!
Ad ogni modo, «l’elogio di persone concrete, conosciute, inevitabilmente imperfette, è l’espressione di un animo magnanimo. La pratica dell’elogio di persone che hanno vissuto i nostri stessi giorni, le nostre stesse vicende, richiede un cammino di liberazione dalla meschinità, cioè quella piccineria che elenca i particolari fastidiosi o antipatici e dimentica l’insieme della persona e della sua vicenda» perché «è necessario liberarsi dall’invidia e dalla gelosia, da quei risentimenti tristi di chi si irrita per ogni qualità attribuita ad altri, di chi interpreta ogni elogio per gli altri come una lode che gli è dovuta e gli è negata. La magnanimità si compiace del bene, lo sa apprezzare e ne gioisce».
Mons. Delpini invita tutti a riprendere in mano il Siracide, autentico manuale per interpretare correttamente la storia dell’uomo e anche le nostre storie personali: «il nostro proposito di leggere il libro del Siracide in questo anno pastorale diventa fecondo di bene per noi e per le nostre comunità non soltanto perché ci trasmette una compilazione interessante di tanti frammenti di sapienza. La sua insistenza è piuttosto per amare la sapienza, cercarne le vie, diventare amici dei sapienti», come esorta ripetutamente la lettera pastorale dello stesso arcivescovo.
«Nel fare l’elogio degli uomini illustri si offre anche l’occasione per chiedere perdono, per fare pace con momenti e atteggiamenti sbagliati»: nella riconciliazione si trova una dimensione più ampia, quella dello sguardo misericordioso di Dio sulla vicenda umana. La storia ci insegna che, nonostante i difetti personali dei nostri pastori, l’arcidiocesi di Milano ha potuto, ancora una volta, tastare con mano l’efficacia della Provvidenza divina: «una provvidenza sollecita e premurosa ha avuto cura di me, delle nostre comunità: attraverso gli arcivescovi che oggi commemoriamo abbiamo ricevuto grazie, visioni, parole necessarie, correzioni opportune, e ogni benedizione. Il Padre misericordioso ha mostrato la sua pazienza, la sua misericordia, la sua sapienza attraverso questi nostri vescovi. Siamo stati aiutati a conoscere Dio, siamo stati aiutati a riconoscere i segni del Regno di Dio che viene».
Lunedì, 7 settembre 2020