Mons. Delpini incontra i giovani ambrosiani all’inizio della ripresa dei cammini di catechesi e dà loro la missione di andare a cercare coloro che non sono ancora diventati missionari, imitando così il nuovo beato Carlo Acutis.
di Michele Brambilla
La sera dello scorso 3 ottobre mons. Mario Delpini ha voluto convocare in piazza Duomo a Milano la tradizionale Veglia in Redditio Symboli, che, con la consegna della “regola di vita” da parte dei diciottenni, segna la ripresa ufficiale della catechesi. L’omelia preparata per quell’occasione inizia con un apologo: «si deve rivelare che a Emmaus altri tavoli erano occupati, altri viandanti s’erano fermati perché era ormai sera, altri erano venuti da Gerusalemme e conversavano di tutto quello che era accaduto. Ma quando Cleopa e l’altro partirono senza indugio, gli altri se ne stettero un po’ perplessi, un po’ esitanti. Non si mossero», esitarono di fronte al miracolo che era avvenuto sotto i loro occhi.
Gli avventori della locanda di Emmaus incarnano pregi e difetti dei giovani d’oggi. Secondo l’arcivescovo, «i giovani che hanno deciso di convenire per la Redditio non hanno preso una decisione epocale. Sono però venuti senza indugio e sono pronti a ricevere un mandato, alcuni anche a consegnare la regola di vita. Ho quindi un incarico da consegnare, una missione da affidare», che consiste nel vincere l’indecisione dei coetanei di fronte alla proposta di Cristo. «Vorrei infondervi fiducia e dirvi la mia stima», ripete mons. Delpini: «vorrei confidarvi che Gesù quando si è avvicinato ai discepoli in cammino verso Emmaus li ha sì rimproverati come stolti e lenti di cuore, ma ha fatto quel cammino di circa undici chilometri perché si aspettava qualche cosa da loro, aveva stima di loro, sapeva che potevano capire, che potevano rispondere» una volta aperto il loro cuore alla sapienza delle Scritture. «E io sono certo che Gesù cammina con voi, con noi, forse in qualche momento rimprovera anche noi, come stolti, ma perché ha fiducia che si può anche non essere stolti».
L’arcivescovo chiede: «come dunque guarirete gli esitanti?». I più difficili da convincere sono coloro che pensano di sapere tutto, come il Didimo dell’apologo iniziale, il cui nome rimanda chiaramente all’apostolo san Tommaso: «io non conosco altra terapia che l’irradiazione della gioia», una gioia felicemente contagiosa come quella del nuovo beato Carlo Acutis (1991-2006), del quale il direttore spirituale del Collegio Leone XIII di Milano, padre Roberto Gazzaniga SJ, ricorda che «era un ragazzo molto dotato, benedetto dalla Provvidenza, che ha ricevuto molto dalla vita attraverso una bella famiglia e ringraziava il Signore per i doni ricevuti. Era generoso e magnanimo, di una signorilità e di una allure particolare. Era molto apprezzato e stimato anche dai suoi compagni», che coinvolse nei suoi progetti caritativi ed apostolici.
Carlo viene beatificato ad Assisi il 10 ottobre: il Collegio milanese, retto dalla Compagnia di Gesù, prepara i suoi alunni al grande momento convogliando pellegrini ad Assisi e, soprattutto, illustrando la sua figura a coloro che, a distanza di alcuni anni, hanno la fortuna di frequentare le stesse aule scolastiche del giovane Acutis, dal quale si può trarre l’insegnamento che «si può essere giovani e vivere la vita, aiutare gli altri ad apprezzarla e a viverla integralmente. Quella di Carlo è una figura che merita di essere messa in risalto, è un incoraggiamento per i giovani di oggi», affinché ritrovino Cristo e ne divengano, a loro volta, testimoni intrepidi.
Lunedì, 12 ottobre 2020