L’enciclica Fratelli tutti, secondo mons. Delpini, ci invita a riscoprire il valore dimenticato della fraternità, bene espresso dal card. Carlo Maria Martini nel 1986.
di Michele Brambilla
L’arcidiocesi di Milano cura una propria edizione dell’enciclica papale Fratelli tutti, firmata da Papa Francesco il 3 ottobre. Mons. Mario Delpini prepara un’introduzione, nella quale commenta il testo pontificio e lo cala nel contesto ambrosiano: «a me, vescovo e pastore di una diocesi che ha coltivato per secoli i valori della fratellanza, dell’amicizia e della solidarietà, che ci ha consegnato questi valori come il tesoro da far fruttare, la denuncia del Papa suona come un campanello d’allarme che sprona a intraprendere ancora più seriamente i passi che insieme abbiamo delineato per abitare e affrontare l’attuale emergenza sanitaria e sociale, economica e antropologica».
Secondo l’arcivescovo, infatti, l’enciclica è stata scritta per denunciare la scomparsa del valore della fraternità sia nella società civile che tra gli stessi cattolici, che non si sanno più ascoltare. «L’ascolto che ci chiede Papa Francesco», avverte mons. Delpini, «è ben lontano dal semplice esercizio intellettuale della concentrazione. Lo richiede, ma lo integra in una postura ben più ampia. Tutto il secondo capitolo dell’enciclica è dedicato a un’attenta rilettura della parabola del buon samaritano. È lui – il buon samaritano – il ritratto della persona che ascolta, nella riflessione del Papa. Il suo è un ascolto», prosegue l’arcivescovo, «a tutto campo, che sa riconoscere il bisogno superando steccati e frontiere; che sa ridefinire l’agenda delle priorità, che sa connettersi con altri soggetti e istituzioni in grado di sorreggere e sostenere questa capacità di ascolto che si fa aiuto e soccorso». Mons. Delpini conferma che solo la Chiesa riesce a dare della realtà una lettura che va oltre la superficie della cronaca e offrire dei suggerimenti sensati per costruire il futuro post-pandemico: «qui a Milano e nelle terre lombarde una simile attitudine ci sprona a immaginare nuove forme per essere prossimi alle povertà emerse in modo lacerante durante il periodo del confinamento: la situazione degli anziani e delle persone con disabilità (cfr. Ft n. 98 e la riflessione molto concreta e pregnante del n. 109). Proprio questo ci fa comprendere quanto sia necessaria una riflessione che riaggreghi e ricostruisca il soggetto collettivo (il “noi”) attorno al tema del bene comune (cfr. n. 112), inteso come il bene dell’essere insieme, del condividere per sopravvivere, della solidarietà per rendere abitabile il pianeta».
La Chiesa lo può fare perché sono già 2000 anni che riflette sul destino dell’umanità alla luce dell’Incarnazione. All’interno di questo cammino plurisecolare, mons. Delpini individua la lettera pastorale Farsi prossimo (1986) del defunto card. Carlo Maria Martini (1927-2012). «Infatti, il venerato e caro cardinale Carlo Maria Martini, pastore indimenticato di questa Chiesa ambrosiana, ha proposto nel 1986 la lettera pastorale intitolata Farsi prossimo: ne abbiamo fatto tesoro, ha portato frutto, rimane un punto di riferimento», specie per i gruppi della Caritas. «Ora l’enciclica ci impegna a rilanciare le energie e le intuizioni suscitate da quel progetto e rinvigorite dalla riflessione del Papa», verso la restaurazione di un ordine sociale basato sull’amore del prossimo, che secondo mons. Delpini deve diventare il fondamento dello stesso ordinamento politico. Dice infatti esplicitamente: «l’enciclica ci consegna come motore di tutto il processo che ci porta alla scoperta della fraternità e dell’amicizia sociale l’imperativo del dialogo, dell’ascolto e del riconoscimento reciproco», tenendo conto del fatto che «è possibile proprio perché è fondato sui pilastri della nostra fede, sulla verità che ci abita e ci anima (cfr. Ft nn. 226, 277)».
Lunedì, 19 ottobre 2020