L’arcivescovo celebra per i pueri cantores del Duomo di Milano, che prendono possesso della loro nuova sede, e ai giovani dell’associazione Milano per S. Giovanni Paolo II: ad entrambi comunica l’esortazione ad un «rinascimento spirituale».
di Michele Brambilla
La Cappella musicale del Duomo di Milano possiede fin dal 1402 una rinomata sezione di pueri cantores che allieta con un coro di voci bianche le celebrazioni della cattedrale. Un servizio che si è interrotto bruscamente, come molti altri, lo scorso 23 febbraio. Il 15 ottobre mons. Mario Delpini visita, allora, la nuova sede della scuola dei pueri cantores, presso la parrocchia di S. Maria delle Grazie ai Navigli, e celebra la Messa per gli alunni, ragazzi compresi tra la 4^ elementare e la 3^ media. L’omelia si condensa nell’esortazione: «date un tono di bellezza, giovinezza e allegria» alle celebrazioni, alla pastorale diocesana e alla stessa vita quotidiana. Al termine della celebrazione l’arcivescovo distribuisce alcune vite di santi a fumetti: «ognuno di voi ne conoscerà uno e si impegnerà a raccontarlo agli altri».
Non ha quasi bisogno di presentazioni san Giovanni Paolo II (1920-2005), di cui il 22 ottobre ricorre la memoria liturgica. Mons. Delpini presiede la sera del 21 ottobre (primi vesperi della vigilia) in S. Ambrogio una veglia di preghiera. Come afferma lo stesso arcivescovo nell’omelia, pensando al «duc in altum» di Lc 5,4, «è impossibile riascoltare questa espressione del Vangelo e non vedere la figura di Giovanni Paolo II che guarda lontano e spinge al largo, verso il nuovo millennio la Chiesa». E ancora: «non possiamo celebrare la memoria di san Giovanni Paolo II senza risentire l’emozione dell’incontro con un Maestro. Abbiamo un maestro! Siamo impressionati per la mole dei suoi scritti. Non sempre riusciamo a seguirlo nella profondità del suo magistero», che proprio in quelle ore viene messo in dubbio dalla querelle scatenata da un’intervista, molto manipolata, a Papa Francesco, ma «siamo ammirati per la fermezza con cui ha proclamato la dottrina cristiana, ha dialogato e contrastato la sapienza dei dominatori di questo mondo. Restiamo stupiti per la leggerezza con cui ha sopportato l’impopolarità di alcune verità scomode alle orecchie di contemporanei. Abbiamo un maestro. Uno che sa. Uno che non ha paura a parlare». La lettura del magistero di Papa Wojtyla, secondo mons. Delpini, tocca il piano delle emozioni, esattamente come la forte testimonianza del Pontefice santo negli anni della malattia, che non ne ha fiaccato l’ardore missionario.
L’arcivescovo deduce dalla biografia e dal magistero di san Giovanni Paolo II un passaggio fondamentale «dalla emozione la vocazione» a diventare missionari a nostra volta della Verità tutta intera. «Il frutto buono delle emozioni è», infatti, «la vocazione: la fede che si riconosce destinataria di una chiamata, la stima di sé che si riconosce libera e fiera di poter accogliere l’invito, la determinazione che si riconosce nelle condizioni di una risposta definitiva e affidabile». La risposta alla domanda su quale sia questa vocazione è l’esortazione conclusiva a realizzare un “rinascimento spirituale” che parta dalla preghiera: «io vorrei proporre che il tempo che non impegniamo in viaggi, convegni o impegni particolari, diventi un tempo “in più” di preghiera. Io credo che la nostra città abbia bisogno di un “rinascimento spirituale” e non soltanto di tante cautele, pur necessarie, e di tante apprensioni», perché lo Spirito Santo sta già seminando nei cuori il desiderio di una rinascita che non si fermi all’aspetto materiale.
Lunedì, 26 ottobre 2020