Questo 2020 che sta per finire e la nascita di Gesù ci spingono a rivedere le nostre convinzioni secolarizzate attorno al mistero della vita, della morte e della creazione medesima
di Michele Brambilla
Sono appena le 20.30 del 24 dicembre quando mons. Mario Delpini attraversa la navata del Duomo, avanzando tra i fedeli con in braccio la statua di Gesù Bambino. Inizia la tradizionale Messa di Mezzanotte, anticipata di alcune ore per rispettare il coprifuoco governativo. Non è un Natale come tutti gli altri: l’arcivescovo non lo nasconde neppure nell’omelia, «ma forse questa notte di Natale, in questo anno inquietante e tribolato, è più adatta per domande intelligenti», quelle che ogni uomo custodisce da sempre nel suo cuore.
È dall’inizio della pandemia che le domande esistenziali ci assillano. Come dice mons. Delpini, «la risposta alla domanda intelligente sul mondo è che il mondo è il luogo della libertà, che le tenebre e la luce non sono due destini, due condizioni che si impongono, ma due possibilità offerte alla libertà. Se decidi di accogliere la luce vera, quella che illumina ogni uomo allora potrai vedere la luce e contemplare la gloria del Verbo incarnato», altrimenti precipiterai nelle tenebre della barbarie anche i tuoi fratelli in umanità.
Mai come quest’anno ci siamo chiesti «che senso ha il trascorrere del tempo? È una successione insensata, un durare indefinito, che consuma la vita e le cose, che spinge irresistibilmente verso la fine, la morte? Che senso ha il tempo? Le parole di Paolo offrono una risposta alla domanda intelligente. Il tempo è il modo che Dio usa per condividere con gli uomini e le donne il suo desiderio di salvare tutti». L’Incarnazione segna la pienezza del tempo, il che significa che «nel trascorrere del tempo si compie quell’evento che segna un punto di arrivo di una storia di attesa e il punto di partenza di una storia di libertà e di compimento delle promesse. Prima e dopo Cristo si chiamano gli anni nel calendario dei cristiani, per dire che tutto il tempo orienta al suo centro e la durata rende possibile il cammino e il darsi dei giorni offre le occasioni per orientare la vita».
Già, la vita. Che senso ha la vita dell’uomo se un morbo sconosciuto passa come la falce delle danze macabre quattrocentesche? «Alla domanda intelligente risponde», ancora una volta, «la notte di Natale e il commento di Paolo. La risposta di Paolo, la rivelazione offerta dal mistero dell’Incarnazione è che io sono figlio: Che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida. “Abbà! Padre!” (Dal 4,6). E il Vangelo rivela il frutto della fede che accoglie la luce: A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio (Gv 1,12)».
Per l’uomo occidentale, tornato da alcuni secoli a crogiolarsi nell’inganno dell’antico serpente (Gn 3,4-5), c’è un solo modo per agire davvero sicut Deus: accogliere di nuovo il Dio che si fa Bambino. L’omelia della Messa del giorno, celebrata in Duomo alle 11.00, sprona i cattolici all’azione: «la rinascita dell’umanità è la grazia e la responsabilità di diventare tutti angeli, cioè messaggeri di una umanità rinnovata che impara a conoscere Dio» e a fondare la ripresa post-pandemica sulla roccia saldissima di Cristo. Come riassume mons. Delpini, «noi annunciamo non una nascita ma una rinascita. Noi non siamo incaricati di dire: è nato Gesù; piuttosto siamo mandati per dire: oggi ti è offerta la grazia perché possa rinascere tu».
Lunedì, 28 dicembre 2020