Intervista a tutto campo a mons. Delpini, che rifiuta i clichet che si ripetono sulla Lombardia e alza lo sguardo sui problemi che nessuno, ancora, ha voluto affrontare
di Michele Brambilla
Il 5 aprile, Lunedì dell’Angelo, viene pubblicata sul Corriere della Sera un’intervista a mons. Mario Delpini. I giornalisti interpellano l’arcivescovo soprattutto sulla pandemia. Mons. Delpini non si sottrae alle domande ed offre un quadro molto lucido della Milano del 2021: «la città ferita non si lascia descrivere con una sola immagine. Io la vedo come un’orchestra che sta provando: ne vengono rumori dissonanti, pezzi di melodie, suoni sgraziati, passaggi virtuosi. I musicanti stanno provando: presto sarà eseguita la sinfonia».
L’immagine dell’orchestra, in cui tutti i suoni si armonizzano, rimanda al senso di comunità, ma l’arcivescovo vede anche tanto individualismo: Milano «io la vedo come una palestra: si praticano esercizi, ma non ci sono gare. Ciascuno pratica il suo sport: corrono, ma non vanno da nessuna parte. Tante solitudini: ciascuno ha cura di sé, si tiene in forma; meglio stare distanti dagli altri». L’individualismo non fa andare troppo lontano: «ogni parte deve funzionare perché l’insieme funzioni. Ma in ogni parte non ci sono ingranaggi, ma persone: si alzano ogni mattina e si danno da fare perché la città funzioni. Alcuni si alzano anche di notte. Io la vedo come la strada che scende da Gerusalemme a Gerico, secondo la parabola raccontata da Gesù: ci sono molti poveracci lasciati malconci lungo la strada e ci sono molti samaritani che si fermano e si prendono cura di loro». Si tratta di un volontariato dal basso, che nasce spontaneamente dalle radici cristiane della città, richiamate silenziosamente dalla stessa Madunina del Duomo. «La Madonnina — credo — vede la città come una comunità che merita di essere amata» e solo lei, dall’alto, ha una visione completa della realtà.
Una realtà multiforme che i media si ostinano, però, a guardare solo sotto la lente del virus o dell’ideologia. Il Corriere brama di annoverare anche l’arcivescovo tra i denigratori della Lombardia leghista, ma mons. Delpini, che ha sempre avuto un comportamento leale e collaborativo nei confronti delle autorità civili, si sottrae magistralmente al tentativo di schierarlo politicamente: «il rapporto del cittadino con le istituzioni non è quello del cliente che “siccome ha pagato, ha sempre ragione”. Il cittadino non è neppure un bambino a cui si può dire: “Fa’ così, perché te lo dice il papà”». In proposito, invita a modificare il linguaggio ossessivo con il quale si sta affrontando la pandemia e ad allargare lo sguardo ad altri tipi di emergenza: «intendo lanciare un allarme: se il virus occupa tutti i discorsi non si riesce a parlare d’altro. Quando diremo le parole belle, buone, che svelano il senso delle cose? Se il tempo è tutto dedicato alle cautele, a inseguire le informazioni, quando troveremo il tempo per pensare, per pregare, per coltivare gli affetti e per praticare la carità? Se l’animo è occupato dalla paura e agitato, dove troverà dimora la speranza? Se uomini e donne vivono senza riconoscere di essere creature di Dio, amate e salvate, come sarà possibile che la vicenda umana diventi “divina commedia”?». Il clero ambrosiano viene elogiato per l’impegno con il quale ogni giorno semina speranza teologale, di cui Milano ha un evidente bisogno. L’arcivescovo insiste: la Chiesa ha un progetto di società, ma le servono alleati/ascoltatori sinceramente interessati. Per i giovani «serve una alleanza: per contrastare le forze ostili che corrompono i giovani e sono particolarmente pervasive offrendo un piacere che rovina la salute e l’anima imponendo dipendenze, spegnendo la speranza e il senso di responsabilità. Serve una alleanza e una radicale fiducia in Dio che vuole salvare tutti e attira tutti a sé, anche i giovani di questa generazione». Per gli anziani serve, anzitutto, che si spengano le polemiche inutili sulla campagna vaccinale della Lombardia, riguardo alla quale l’arcivescovo non teme di affermare che, al di là delle bizzarrie degli algoritmi, «il personale che conosco io è dedito, attento, gentile, competente».
Quali dovrebbero essere le priorità del prossimo sindaco di Milano, chiunque egli sia? Mons. Delpini non ha dubbi: la famiglia e la natalità. «Ho spesso proposto di progettare il convivere in città intorno alla famiglia: solo l’alleanza di tutte le risorse della società per una famiglia sana può porre rimedio alla solitudine degli anziani, alla crisi demografica, all’emergenza educativa». Si permette anche una puntualizzazione molto importante sull’ecologismo: «gli aspetti economici, ambientali, urbanistici sono evidentemente irrinunciabili: invocano però un criterio. Credo che il criterio sia il bene della famiglia» umana.
Lunedì, 12 aprile 2021