L’umanesimo cristiano è una civiltà nella quale il Redentore possa specchiarsi
di Michele Brambilla
L’11 maggio si rinnova nel Seminario Arcivescovile, in quel di Venegono Inferiore, la tradizionale Festa dei Fiori, che intende festeggiare i candidati al sacerdozio e gli anniversari (25°, 50°…). L’occasione è solenne per diversi motivi: è la prima Festa dei Fiori presieduta dal nuovo rettore del Seminario, don Enrico Castagna, subentrato nel mese di settembre del 2020 a mons. Michele Di Tolve, ora parroco a Rho; si ricordano gli anniversari episcopali del card. Angelo Scola (30°), di mons. Gervasio Gestori (25°) e dei vescovi emeriti di Como e Reggio Emilia, mons. Diego Coletti e mons. Carlo Ghidelli (entrambi 20° di episcopato); il tema è di primaria importanza: «Preti che annunciano il Vangelo della vocazione».
Come ricorda lo stesso don Castagna, «ricordiamoci che la prima pastorale vocazionale siamo noi» sacerdoti. La conferenza che precede, come ogni anno, la celebrazione nella basilica del Seminario viene affidata a due parroci, don Paolo Rota e don Giancarlo Airaghi, a Venegono per festeggiare il 25° di sacerdozio, e mette a tema la cura d’anime nel mondo contemporaneo. Per parte sua, mons. Mario Delpini, che presiede l’accademia in quanto arcivescovo, rivela i titoli delle sue letture preferite quando era seminarista (Il diario di un curato di campagna di Georges Bernanos, Il potere e la gloria di Graham Greene e A ogni uomo un soldo di Bruce Marshall), da cui trae un insegnamento rilevantissimo: la figura del sacerdote cattolico e i valori della società contemporanea sono agli antipodi, «ma credo che noi non possiamo desistere dal fare capire quale è il senso della vita. E la parola vocazione è proprio il modo per rispondere: non è il riferimento a qualcosa che vincola la libertà, ma è una chiamata a dare significato all’esistenza».
Il prete, quindi, insegna con tutto se stesso: come dice nell’omelia della Messa, «ora io credo che Gesù, il Signore, sia incantato perché legge nel cuore di coloro che sono diventati suoi discepoli e vivono e hanno vissuto il ministero» sacerdotale in mezzo al popolo cristiano la medesima capacità di ascolto della parola di Dio che ebbe la Madonna. Specialmente in questi mesi di pandemia è emerso un clero perseverante, dal cuore puro (cioè completamente dedito al Signore e al gregge affidato), che ha affrontato le traversie con «una indicibile letizia. Avete ascoltato e la Parola di Gesù ha seminato in voi una gioia misteriosa e invincibile. Maria ha cantato il suo cantico: l’anima mia magnifica il Signore, per dire di una sovrabbondanza della gioia e dello stupore». La Lombardia passava dal rosso al giallo, dal giallo al rosso e, poi, di nuovo al giallo, «ma voi ogni giorno sul far della sera avete cantato il vostro “Magnificat”: nei giorni lieti e in quelli tribolati, quando la vostra mente era una cosa sola con le vostre parole e quando la mente era altrove, mentre le parole uscivano come un automatismo, nei giorni della giovinezza, in quelli della maturità e oltre, oltre. Ogni giorno. Gesù è rimasto incantato dal vostro cantico di ogni giorno» simbolo della tenacia con la quale la Chiesa continua a seminare quotidianamente una nuova civiltà con la parola e l’esempio. In proposito, mons. Delpini ricorda che l’obbiettivo rimane «la profezia dell’umanesimo evangelico», ovvero quella valorizzazione piena, integrale, della persona che deriva solo dal Vangelo: «Gesù è rimasto incantato di un modo di essere uomini che è conforme alla sua umanità», ovvero al modo con il quale Egli ha santificato, incarnandosi, ogni passaggio della nostra esistenza.
Lunedì, 17 maggio 2021