Mons. Delpini riassume a La Stampa i principi cardine della ripartenza religiosa, morale e civile dell’Italia, tessendo ancora una volta gli elogi della Lombardia
di Michele Brambilla
Il 26 maggio il sito Vatican Insider, pagina dei vaticanisti del quotidiano torinese La Stampa, pubblica un’intervista a mons. Mario Delpini. Benché l’intervistatore svicoli dalle questioni etiche, l’arcivescovo risponde offrendo diversi spunti di riflessione, citando esplicitamente la dottrina sociale della Chiesa. Dice infatti: «mi sembra che le dottrine e le pratiche neo-liberiste siano responsabili di una diseguaglianza insopportabile, e che l’impotenza della politica nel regolare l’attività produttiva e commerciale in epoca di globalizzazione sia un dramma. Mentre l’ideologia e la pratica statalista sono responsabili di disastri finanziari irreparabili e paesi interi affamati. Invece raccomando la dottrina sociale della Chiesa, che esorta a non porre il criterio determinante nel profitto ma nella valorizzazione della persona». Sfidando ancora una volta la cattiva vulgata imbastita attorno alla Lombardia, mons. Delpini ripete che «in Lombardia possiamo essere fieri del nostro modo di produrre e di lavorare: ha creato un’economia feconda, che però ora dovrebbe trovare il sostegno del quadro politico» nazionale dopo decenni di ostilità ideologica. In particolare bisognerebbe badare meno agli interessi delle grandi società e sostenere la piccola e media impresa locale, frutto genuino del popolo lombardo.
Parole, quindi, molto taglienti e coraggiose, che citano il Vangelo per darne una lettura che prescinde da certo interessato pauperismo: i benestanti «vorrei avvertirli del pericolo di perdere l’anima adorando il denaro. E poi, aiutarli a intendere il senso del denaro come una risorsa che deve creare lavoro. Milano ha una tradizione imprenditoriale da ritrovare. E qui è decisiva anche la politica», che ostacola la libertà d’impresa con la burocrazia e la soffoca con una visione statalista dei rapporti sociali.
Soprattutto, ammonisce l’arcivescovo, bisogna ritornare a Gesù Cristo. Di fronte ai nuovi quartieri iper-tecnologici ed iper-ecologici di Milano, che come la Nowa Huta della Cracovia degli anni ’70 vengono concepiti senza una chiesa e sono sostanzialmente dei “quartieri dormitorio” della nuova alta-borghesia, mons. Delpini denuncia che «sì è un rischio serio. Rileva la tendenza di oggi a non fare riferimento a Dio». La pastorale ambrosiana si è ingegnata a cercare nuove modalità di approccio, ma osserva con preoccupazione «l’epidemia della disperazione e della rassegnazione che ha spento in molti la gioia di vivere. È il sintomo più grave di questo periodo. Le parole rassicuranti non bastano a restituirla, non si recupera con gli stanziamenti dell’Europa», ma rimettendo al centro Dio e la famiglia naturale. Mons. Delpini, su questo, è senza sconti: «ci sono gli investitori, che puntano a ottenere il massimo profitto, però spesso ingannando travestendosi da benefattori. La politica invece deve avere una visione umanistica. La priorità sia la famiglia, cellula della società», così come riconosciuto anche dalla Costituzione, e «la gente necessita di dare e avere una ragione per sperare. E anche l’entusiasmo di donare vita: una conseguenza dell’emergenza spirituale è l’”inverno demografico”, perché una generazione adulta scontenta non è orientata a far nascere bambini». In tempi di facile e semplicistico multiculturalismo, l’arcivescovo non teme di affermare che «per porre rimedio» all’emergenza spirituale e culturale «occorre trasmettere un fondamento di speranza. Per i credenti è la presenza di Gesù Risorto che promette la vita eterna».
Lunedì, 31 maggio 2021