Come dice l’arcivescovo, «non è l’impresa di una rivoluzione sistematica, ma è l’impegno del proprio compito, sia che facciate il guidatore del bus, che raccogliate la spazzatura o diventiate professionisti»
di Michele Brambilla
Mons. Mario Delpini inizia la visita pastorale alla città di Milano dal quartiere Affori. Incontrando sia i giovani del decanato, l’arcivescovo ribadisce un punto che gli sta molto a cuore: «vorrei che questa possibilità di dialogare con voi fosse un incoraggiamento – dice subito l’Arcivescovo -. L’artigiano del bene comune si trova quasi paralizzato dall’enormità del compito e dalla modestia delle risorse, ma il bene della storia è sempre fatto di persone che hanno saputo tenere pulito il proprio metro quadrato di terreno. Non è l’impresa di una rivoluzione sistematica, ma è l’impegno del proprio compito, sia che facciate il guidatore del bus, che raccogliate la spazzatura o diventiate professionisti. Gli artigiani del bene comune non cambiano il mondo, ma fanno bene quello che devono fare».
Gli educatori dell’oratorio chiedono come ristabilire una gerarchia dei valori. Mons. Delpini suggerisce di ripartire dalla Messa, cuore pulsante di un’autentica vita cristiana: «la Messa domenicale, se la si vive veramente per quello che è, abbatte i muri, perché è il luogo in cui tutti si possono incontrare, nel quale gli adulti e i giovani possono conoscere uno spazio di libertà. Non si tratta di una convocazione formale, ma del Signore», che per noi muore e risorge. Riscattati dalle tenebre del peccato, acquisiamo la vera libertà: allora il bene e il male saranno di nuovo chiari, allora si potrà costruire una comunità autentica, che unisce il giovane e l’anziano. «Non ho la ricetta per sapere come potrà essere l’oratorio di domani, inedito», dice l’arcivescovo: «però posso dire che l’oratorio in questa città è una benedizione. Che vi sia un luogo dove tutti sono benvenuti è già un messaggio. Immagino un oratorio fatto di esploratori e di inventori, non di realtà residuali. Siete incaricati di trasfigurare l’oratorio in un laboratorio di proposte e in una scuola di futuro, una sorta di “carboneria”», metaforizza, «capace di cambiare il mondo con una creatività aggressiva, non per volontà di conquista, ma perché c’è una gioia da condividere». La Rivoluzione si è mossa spesso sul binario delle società segrete, fino a creare una situazione nella quale, ora, è il Bene ad essere “sovversivo”.
Ecco allora l’ormai celebre qualifica di “Chiesa antipatica”: «la Chiesa è impopolare e antipatica se la intendiamo come un ente indeterminato contro il quale vengono continuamente lanciate accuse, sospetti, di cui si descrivono scandali, ma raramente si legge di quanto faccia. Per perseguitare la Chiesa bisogna screditarla. Infatti, in moltissimi Paesi del mondo è discriminata, dall’India al Nicaragua, all’Africa e alla Siria. Se leggete le riviste missionarie – invece che informarvi solo in Internet – potete vedere tutto questo. Oggi si è insinuata l’idea che i cristiani siano crociati», non nel senso positivo di “cattolici militanti”, ma in quello deteriore di “fanatici”, triste eredità dell’Illuminismo. «Ma cosa è la Chiesa, chi è? Siete voi, noi preti, le suore, chi si impegna, l’oratorio, la Caritas»: la realtà è più forte della menzogna e i pregiudizi si abbattono invitando le persone a riprendere un cammino comune, a condividere di nuovo momenti di Chiesa.
Lunedì, 17 gennaio 2022