Il nostro coraggio è Gesù, il fondamento necessario della vita consacrata come dell’apostolato laicale, che continuano a rendere grande Milano
di Michele Brambilla
L’arcidiocesi di Milano è orgogliosa della propria cultura particolare e del proprio rito, orgogliosa del suo clero diocesano, tanto da aver guardato con diffidenza, in alcune stagioni storiche, agli apporti che potevano provenire dall’esterno. Tuttavia, ricorda mons. Mario Delpini nell’omelia per la Messa in Duomo del 2 febbraio, solennità della Presentazione del Signore e Giornata della vita consacrata, Milano non sarebbe la stessa senza molti ordini religiosi, che continuano a collaborare in maniera determinante all’apostolato gerarchico e laicale. Basti pensare ai cappuccini, a cui fu affidata per secoli la gestione del Lazzaretto durante le pandemie, come si narra nei Promessi sposi, che potremmo definire il “poema epico” dell’ambrosianità post-tridentina.
«Ho un grande desiderio», dice l’arcivescovo, «di dire a tutti i consacrati e le consacrate la parola più necessaria in questo tempo. Ho pensato a lungo quale sia questa parola più necessaria». Aveva pensato ad un bel «grazie», perché «sì, tutti dobbiamo dire un grazie dal profondo del cuore considerando la vita consacrata, il suo fiorire nella Chiesa, il bene compiuto, l’aiuto offerto a tante necessità dell’umanità». La gratitudine è merce rara, specie in questo secolo individualista. «Eppure non mi sembra la parola più necessaria, anche se fa piacere sentirsi ringraziare e riconosciuti per il bene compiuto sembra un po’ consolatoria e persino imbarazzante» per chi ha scelto il nascondimento del chiostro.
Allora «ho pensato: la parola più necessaria è “coraggio!”. In effetti abbiamo bisogno di farci coraggio. Anche nelle comunità di vita consacrata avverto il grigiore dello scontento, l’apprensione per il futuro, l’insistenza incorreggibile a considerare l’età dei 1 consacrati e delle consacrate, la riduzione fino alla scomparsa di novizi e novizie, il peso delle strutture sproporzionate alla risorse. La lingua continua a battere dove il dente duole. Invece si deve dire: “coraggio!”», perché il futuro è nelle mani di Dio e non permetterà mai che venga meno il Bene. «Coraggio! Apprezzate la vostra vocazione e irradiate la gioia di essere consacrati e consacrate: il Signore non vi ha deluso, non vi deluderà» e vi guiderà verso un’altra parola fondamentale, “riforma”. Non nel senso spesso malinteso, ma come la intende lo stesso Signore: un continuo tornare alle origini, perché in fondo «la vita consacrata soprattutto negli istituti di più lunga esperienza si propone come un modello praticato di quella sinodalità sulla quale tanto si insiste ora nella Chiesa intera».
Si giunge, così, all’unico davvero necessario: Gesù. «La festa che celebriamo infatti rivela che l’unico necessario è Gesù, incontrare lui, riconoscere in lui la luce, la vita, la gloria, la salvezza. Molte parole sono utili, provvidenziali, sapienti, illuminanti. Ma solo Gesù è necessario, solo lui è la roccia su cui costruire la vita, la comunità, la missione, la consacrazione», ripete mons. Delpini, che esorta: «cerchiamo Gesù, viviamo per lui, dimoriamo in lui, troviamo in lui quella parola che orienta il cammino, quella vocazione che decide la sequela, quella rivelazione che risponde e converte le domande e le attese di ogni uomo e di ogni donna. L’unico necessario è Gesù, ieri, oggi e sempre».
Lunedì, 7 febbraio 2022