Ai funerali di don Vassalli mons. Delpini si oppone alla banalizzazione delle domande esistenziali e ricorda chi sia l’unico vincitore della morte: il Risorto
di Michele Brambilla
La mattina del 6 febbraio i fedeli della prima Messa d’orario nella chiesa parrocchiale di Biassono si allarmano: sono le 7.30 e don Simone Vassalli, il trentanovenne viceparroco, ordinato nel 2013, non è ancora giunto in sacrestia. Salgono le scale della canonica e fanno la macabra scoperta: don Simone è riverso nel letto ed è morto nel sonno.
I funerali sono celebrati nell’oratorio di Biassono il 9 febbraio da mons. Mario Delpini. Commentando il Vangelo, l’arcivescovo nell’omelia si sofferma su un particolare, il grido di Gesù sulla croce. Un grido in cui si concentra tutto il dolore del mondo, anche quello per don Vassalli: «“Gesù di nuovo gridò a gran voce”. Il grido ultimo, il grido indecifrato, il grido tremendo, il grido che scuote cielo e terra, che squarcia il velo, che apre i sepolcri. Il grido che estremo tra cielo e terra pronuncia l’ultima sentenza: “Morte, io ti maledico”», perché sei opera del male e devasti la terra come una piaga. Maledetta soprattutto perché non faceva parte del piano originario della Creazione: Gesù ricorda che «il Padre mi ha mandato perché i suoi figli avessero la vita e non la morte».
La morte, oggi, è nascosta, talvolta blandita, persino incoraggiata dai fautori della sua “cultura”, ma è e rimane una maledizione, infatti «il grido estremo di Gesù maledice la morte e colui che della morte ha il potere e ne dichiara la sconfitta», l’unica per lei davvero mortale. «Io ti maledico e dichiaro che è annientato il tuo dominio incontrastato, il tuo regno: viene», infatti, «il Regno del Padre mio, è qui il Regno di Dio», nel trionfo di Cristo sulla morte stessa, tanto che «il grido estremo dichiara la sconfitta della morte, apre i sepolcri. Inaugura la speranza invincibile! Secondo la testimonianza del discepolo che Gesù amava il grido ultimo dichiara il compimento della missione di Gesù “è compiuto!”». Nel momento stesso in cui il male sembra avere trionfato, è costretto ad ammettere di non aver conseguito alcuna vittoria, perché le parole di Gesù mostrano il senso autentico degli avvenimenti e fanno intravedere la gloria di due giorni dopo. Il Figlio non è in balia degli eventi, è Lui che consegna la sua stessa vita e la restituisce in pienezza a tutti gli uomini (Gv 10,14-18). Così, «i figli di Dio passando attraverso la morte del Figlio entrano nella vita del Figlio: io sono la via, la verità, la vita».
Anche il velo del Tempio che si squarcia ci ricorda una cosa importante: «lo sguardo di ogni figlio d’uomo può entrare fino nel Santo dei Santi. Non è la morte che diventa rivelazione, ma la maledizione della morte che la costringe a spalancare le tombe, ad abbattere le porte degli inferi. Rivelazione della vita nuova. Così avviene anche per noi che continuiamo a peregrinare sulla terra: possiamo fissare lo sguardo fino al Santo dei Santi, fino nell’insondabile beatificante mistero di Dio. E infatti questo ci è dato: il morire diventa rivelazione» di noi a noi stessi, e nulla di quanto fatto nel bene andrà perduto.
Mons. Delpini ammonisce: «nessuno dica che Dio ha voluto la morte di don Simone, perché Dio maledice la morte e non c’entra nulla con la morte e colui che della morte ha il potere. Tutti, però, lasciamoci scuotere dal grido estremo del Figlio, il Verbo fatto carne, Colui che dona lo Spirito di vita», specie in questo tempo in cui troppi cercano altre “scorciatoie”. Solo Cristo è la Porta.
Lunedì, 14 febbraio 2022