La fine dell’emergenza sanitaria permette di riscoprire una vicinanza concreta ai fratelli uomini
di Michele Brambilla
Il 1 aprile, con la fine dello stato d’emergenza, viene annullato il distanziamento (e quindi il tetto di posti disponibili) all’interno delle aule liturgiche. Si mantengono l’uso della mascherina e l’igienizzazione delle mani. Un passo avanti verso la normalità completa, in una Quaresima che ha visto il reintegro di molti gesti tradizionali, come la Via Crucis decanale/zonale presieduta dall’arcivescovo.
La sera del 29 marzo è la volta del decanato Navigli nella zona pastorale I, vale a dire Milano città. Mons. Mario Delpini percorre i parchi, ricchi di memorie storiche, della cosiddetta “Chiesa Rossa”. La riflessione si concentra sulle donne che seguirono il mesto corteo verso il Calvario. Nell’omelia l’arcivescovo dice che «ci sono poche parole sulla via della croce. Si possono immaginare grida e trambusto, vociare di molti, insulti e gemiti. Ma la devozione invita piuttosto al silenzio. La stazione dell’incontro con la Madre è piuttosto l’invito al silenzio. Si immagina un incrocio di sguardi piuttosto che un dialogo, un silenzio straziato, piuttosto che un grido». Allora, in un mondo dilaniato dalla guerra e da altri rumori, «facciamo l’elogio del silenzio: nel silenzio lo sguardo rivolto verso il figlio amato, nel silenzio la compassione che ferisce l’anima, nel silenzio quel senso di impotenza che non sa come dare conforto, nel silenzio il tornare alla mente delle parole misteriose e dense di promesse impensate: “chi perderà la propria vita per causa mia la troverà … se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (cfr Mt 16,24s)».
Siamo di fronte, ancora una volta, alla straordinarietà del Cristianesimo, religione del Dio incarnato che non si sottrae alla morte, ma, attraversandola, raggiunge la gloria imperitura. Mons. Delpini ritiene che l’unico atteggiamento possibile, di fronte ad un Dio così, sia proprio la contemplazione silenziosa, quella che caratterizzò anche la Veronica: «facciamo l’elogio del gesto inutile e gratuito. Veronica asciuga il volto di Gesù. Dobbiamo ancora esplorare il mondo inesplorato, denso di fascino e di mistero, degli affetti, della tenerezza. C’è nella spontaneità del gesto gratuito un mistero e un 1 messaggio. Perché, mamma, accarezzi il tuo bambino? Perché, papà, tieni per mano tuo figlio, tua figlia? Perché, nonna, accogli commossa l’abbraccio della nipotina?». Perché l’amore vero non ha bisogno, spesso, delle parole per esternarsi, ma passa attraverso un piccolo gesto, denso di significato. «Il gesto gratuito è il più necessario perché dice al Figlio dell’uomo e ad ogni figlio d’uomo la verità più necessaria», spiega l’arcivescovo.
L’uomo contemporaneo è analfabeta anche sul piano dell’espressione corretta delle emozioni. Pertanto, «le figlie di Gerusalemme rivelano la verità dell’animo umano e contrastano quell’indurirsi del cuore che può diventare un cuore di pietra». Un cuore che può essere stato pietrificato dalle sofferenze precedenti, ma che non può di certo esimersi dal con-patire i propri fratelli uomini nel bisogno. «Le lacrime saranno forse inutili, ma dichiarano che non è giusto che un fratello, una sorella soffrano per mano di fratelli e sorelle»: sentimenti che non devono trasformarsi in semplice indignazione “a buon mercato”, ma in carità concreta. La fine dell’emergenza Covid-19 è per tutti una grande opportunità di riscoprire questa fondamentale dimensione dell’umano.
Lunedì, 4 aprile 2022