Le tre parole che l’arcivescovo consegna ai preadolescenti e agli adolescenti pellegrini a Roma dal Papa
di Michele Brambilla
Il Lunedì dell’Angelo, per la prima volta dopo tanto tempo, piazza S. Pietro si riempie di ragazzi per l’incontro di Papa Francesco con preadolescenti e adolescenti italiani, nell’anno a loro dedicato. Il 19 aprile, Martedì dell’Ottava, come vuole la tradizione del pellegrinaggio a Roma dei quattordicenni ambrosiani, mons. Mario Delpini presiede nella stessa basilica di S. Pietro la Messa riservata ai ragazzi di Milano, Bergamo, Crema e Vigevano. Prendendo spunto dall’ordinario della Messa, l’arcivescovo dice nell’omelia che «vorrei insegnarvi solo tre parole straniere, come messaggio da consegnare alla vostra vita».
La prima è Kyrie, Signore in greco: siamo abituati ad invocare il perdono di Dio ripetendo Kyrie eleison, cioè «Signore pietà». Mons. Delpini specifica ricordando che è la medesima parola che santa Maria Maddalena pronuncia vedendo Gesù risorto la mattina di Pasqua. La risurrezione attesta la piena e definitiva signoria di Cristo sul mondo: «Kyrie è la parola del discepolo amato, dell’umanità in lacrime che trova vivo colui che cercava come morto. Il Kurios, il Signore è la professione di fede di chi si sente trafiggere il cuore per la memoria del suo peccato, ma riceve l’annuncio del perdono di Dio». Diventa, quindi, il grido della confidenza, con il quale il discepolo afferma la sua fede nel Salvatore.
La seconda parola “straniera” (ebraica) che l’arcivescovo consegna ai ragazzi è “Alleluia”, il canto per eccellenza della Pasqua. «Magari alcuni dei vostri compagni» di classe «vi hanno preso in giro perché avete scelto di venire in pellegrinaggio, ma voi dovete contagiarli con la gioia e cantare insieme con la Chiesa la lode al Signore per tutto ciò che ha creato». Il cattolico, di questi tempi, non è molto popolare, forse perché si ha un’idea piuttosto adulterata della religione, ridotta al suo aspetto morale (contestatissimo dalla cultura dominante), ma il vero vincitore è proprio lui, immerso nel Mistero pasquale di Cristo e destinato a guadagnare la vita eterna, se corrisponde alla Grazia ricevuta.
Allora la terza parola non può che essere “amen”, ovvero “così sia”, che «è la parola della risposta alla vocazione e della vita perché qualcuno ci ha chiamati, la parola che fa sognare un futuro». Maria rispose all’angelo proprio «amen», e così fanno i cristiani quando celebrano la liturgia. L’arcivescovo esorta: «entusiasmatevi nell’essere interlocutori di una parola che viene da Dio quando intuite che c’è del bene da fare, che potete essere di aiuto. Il Signore vi chiama attraverso il gemito della gente che è sola, che soffre, che è malata. Vi chiama a sognare la scelta per il vostro futuro, non solo per la prossima estate». Per essere sicuri di non sbagliare parola, il suggerimento è per tutti lo stesso: «andate a Messa per dirle e impararle bene», perché la liturgia è vita, si impasta con la vita, alimenta e incrementa il bene che ognuno può compiere nella sua quotidianità.
Lunedì, 25 aprile 2022