Beatificati in Duomo Armida Barelli e don Mario Ciceri, festeggiati rispettivamente il 19 novembre e il 14 giugno, data che mons. Mario Delpini considera il suo nuovo onomastico
di Michele Brambilla
Il 30 aprile il card. Marcello Semeraro, a nome di Papa Francesco, beatifica nel Duomo di Milano due grandi figli dell’arcidiocesi: Armida Barelli (1882-1952), legata alla fondazione dell’Università Cattolica di Milano, e don Mario Ciceri (1900-45), viceparroco di Brentana, frazione di Sulbiate, negli anni più difficili del Novecento.
Sono figure che sembrano, però, parlare direttamente al mondo di oggi. Barelli fu all’origine di numerosi istituti di perfezione rivolti al laicato impegnato in senso missionario ed ella stessa fu per le ragazze dell’Azione Cattolica milanese un capo molto carismatico, influenzando, tra le altre, santa Gianna Beretta Molla (1922-62), che militava nello stesso ambito associativo. Don Mario, nativo di Veduggio, fu chiamato alla vocazione sacerdotale già ad 8 anni: a 12 entrò nel Seminario Minore dell’arcidiocesi ambrosiana e, una volta ordinato (1924), si dedicò anima e corpo alla gioventù del suo oratorio di Brentana. Continuò a dirigere spiritualmente i suoi giovani anche quando essi furono costretti dallo Stato ad arruolarsi, specie durante la Seconda guerra mondiale, e le colline della Brianza divennero teatro della lotta partigiana. Il sacerdote si adoperò per soccorrere molti perseguitati in quei tristi frangenti. A strappargli la vita terrena un misterioso carro che, la sera del 9 febbraio 1945, lo travolse mentre il prete stava tornando da Verderio, dove aveva confessato quasi tutto il giorno. L’investitore, rimasto nell’ombra, non prestò alcun soccorso e don Mario, gravemente ferito, morì il 4 aprile, dopo lunga agonia, compianto dai suoi parrocchiani.
In entrambi i casi compresero, in un mondo contrassegnato dalla contrapposizione delle ideologie figlie della Modernità anticristiana, che bisognava puntare sui giovani, come sostiene mons. Mario Delpini in un’intervista rilasciata ai media diocesani: «l’impegno di Mario Ciceri e, in fondo, anche l’impegno di Armida Barelli è stato un investimento sui giovani, l’idea che il tesoro più prezioso di una società è il suo futuro». Chiede l’arcivescovo, alludendo agli scontri in Ucraina: «cosa fanno i cristiani in tempo di guerra?». Come risponde lo stesso mons. Delpini, «nei tempi drammatici i cristiani preparano la pace, educano le persone perché siano protagoniste di una vita democratica, di una presenza nella storia positiva, del costruire una cultura della fraternità».
Del resto, la stessa Barelli ricordava che «l’amore serafico» di cui l’Università Cattolica, retta dal francescano Agostino Gemelli (1878-1959), «non è sentimentalismo, ma concretezza: esclude gli interessi personali per abbracciare quelli di Gesù; lotta per estinguere il male fino alla radice; purifica con dura penitenza l’anima da tutti i suoi difetti; si sforza di camminare sempre con rettitudine e semplicità sotto lo sguardo di Dio» in mezzo agli uomini. «Il cuore adorabile di nostro Signore possa trovare nei nostri cuori un luogo di riposo e di conforto e possa adoperarci per la dilatazione del suo regno», scriveva don Mario ad un ragazzo partito per la guerra, avendo anche lui bene in mente la valenza sociale della professione di fede cattolica. Tutte citazioni riportate con cura sul libretto della Messa di beatificazione.
Barelli sarà festeggiata il 19 novembre, don Ciceri il 14 giugno. Mons. Delpini sceglie di festeggiare il suo onomastico, da ora in poi, proprio il 14 giugno, perché «abbiamo celebrato il riconoscimento della Chiesa nei confronti di due persone così diverse. In realtà abbiamo aperto una strada e rivolto un invito alle ragazze di buona famiglia e anche di famiglia modesta, che hanno studiato all’estero e anche che hanno studiato a Milano, che hanno una bella casa di villeggiatura e anche non ce l’hanno, ecco cosa potreste fare: diventare sante, in tempo di guerra e in tempo di pace. Diventare sante. E abbiamo aperto una strada e rivolto un invito ai ragazzi di famiglia modesta che vivono in paesi della Brianza e anche in altri paesi, che non brillano per intelligenza e applicazione, ma anche per quelli che brillano per intelligenza e impegno. Ecco che cosa potreste fare: diventare santi», dice l’arcivescovo nel breve discorso di ringraziamento che legge davanti all’intera assemblea subito dopo la celebrazione.
Lunedì, 2 maggio 2022