Identikit del nuovo evangelizzatore nella Messa di ringraziamento per il beato don Mario Ciceri
di Michele Brambilla
La sera del 4 maggio mons. Mario Delpini celebra una Messa di ringraziamento per la beatificazione di don Mario Ciceri (1900-45) a Brentana di Sulbiate, la parrocchia che il sacerdote ha retto per ben 21 anni (1924-45). Nell’omelia tratteggia una sorta di identikit dell’evangelizzatore ideale, rivolto principalmente agli operatori pastorali dei nostri tempi.
Dice, infatti, l’arcivescovo: «il servo fidato è quello di cui il padrone si fida. Forse non è il più intelligente, ma, chiamato a servire, semplicemente serve. Forse non è il più simpatico, il più efficiente, il più illustre. Ma è incaricato di un servizio se serve: si sente fiero della fiducia del Signore», che guarda al cuore delle persone. «Non si fa notare per originalità, non ama le stranezze e il clamore», perché non sono queste cose che conducono i fedeli in chiesa, ma «gli è stato affidato un servizio e fa quello che gli è stato chiesto».
«Il servizio del servo fidato e prudente è», infatti, molto semplicemente, quello «di annunciare il Vangelo, di dare testimonianza del Signore risorto». «Talvolta chi l’ascolta lo ringrazia, lo apprezza, lo applaude: ma il servo non si monta la testa. Solo una cosa gli interessa, obbedire al Signore e prestare il servizio che il Signore gli ha chiesto. Talora chi lo ascolta lo critica, lo ignora, si annoia e si distrae. Ma il servo non si scoraggia: gli interessa solo di prestare il servizio che il Signore gli ha chiesto», ripete mons. Delpini. La predicazione può suscitare entusiasmo o repulsione, ma, in ogni caso, il missionario non viene meno al dovere di evangelizzare. Non rinuncia neppure quando «talvolta capisce che gli altri servi» del Signore «lo trovano antipatico, lo ostacolano addirittura, hanno persino invidia di lui»: l’arcivescovo tocca, così, l’argomento spinoso dei rapporti ad intra, caratterizzati dal “carrierismo” e da una logica egocentrica più di quanto si creda ad extra (salvo poi “calcare la mano” sugli scandali, se emergono). Ci sono evangelizzatori che andrebbero evangelizzati in prima persona! La Chiesa, per quanto claudicante, non si scoraggia, però, sorretta dallo Spirito, che ispira i carismi e sostiene le forze migliori.
Ogni missionario è chiamato a compiere ogni sera un esame di coscienza, perché «ci sono sere in cui chiude la giornata contento di quello che ha fatto e ci sono sere in cui deve fare un bilancio fallimentare: “non ho combinato niente, tutto è andato storto”. Eppure chiude sempre ringraziando: ecco, Signore, ho potuto servire anche oggi, come tu mi hai comandato». Il cattolico che prende sul serio il suo mandato missionario «non cerca riconoscimenti, non cerca guadagni, non coltiva distrazioni, non insegue le mode, non si cerca un tempo per sé, non riesce ad immaginarsi altrove, non aspira a incarichi più prestigiosi, o meno faticosi, o con persone più simpatiche. Non cerca altro che di obbedire al Signore» perché è Lui la vera ricompensa. «Così», evidenzia mons. Delpini, «è stata scritta la vera storia della Chiesa. È stata scritta dall’apostolo Paolo» e da tutti coloro che, come l’Apostolo delle Genti, dice: «guai a me se non annuncio il Vangelo» (1Cor 9,16).
Lunedì, 9 maggio 2022