La processione del Corpus Domini si tiene, con grande concorso di popolo, nel difficile quartiere di S. Siro, emblema di una società che abbisogna urgentemente di parole di vita
di Michele Brambilla
Il 16 giugno mons. Mario Delpini presiede la Messa e la processione del Corpus Domini nella chiesa di S. Maria Addolorata nel quartiere di S. Siro, più volte al centro della cronaca per fatti di droga e baby-gang. Il corteo si avvia, poi, verso la chiesa parrocchiale di S. Giuseppe Calasanzio, nello stesso decanato, portando per le strade l’ostensorio con il SS. Sacramento.
Nell’omelia l’arcivescovo esorta a «vivere e gustare la vita. Camminare e gustare il cammino. Abitare la città e gustare la città. Lavorare e gustare il lavoro. Incontrare persone e gustare l’incontro. Leggere e gustare la lettura. Pensare e gustare il pensiero. Parlare e gustare la conversazione. Essere giovani e gustare la giovinezza», fino ad «essere anziani e vecchi e gustare di essere nonni. Essere uomini e donne e gustare di essere persone che si piacciono, che esprimono il gusto di vivere, il gusto di essere famiglia e accogliere e custodire la vita», specie in quest’epoca che tifa clamorosamente per la morte.
I cristiani «vedono le complicazioni e il degrado. Avvertono il pericolo e il malumore la rabbia e la cattiveria. Ma non trovano mai una ragione per provare disgusto della vita, della città e dei suoi abitanti». I cristiani sono chiamati a costruire oasi nel deserto lasciato dai deliri contemporanei: «Gesù si cura della folla affamata nel deserto, qui siamo in una zona deserta. E così Gesù rivela l’intenzione di Dio che ha piantato il giardino in Eden. Dio non vuole il deserto, Dio ha creato la terra e ogni cosa perché i suoi figli provino gusto alla vita e si rallegrino dei frutti della terra e del loro lavoro», non perché l’uomo si faccia gregario della morte corporale e spirituale!
Lo aveva detto in mattinata, con parole più semplici, ai ragazzi degli oratori di Segrate: «so bene che ci sono tante cose brutte, la pandemia, ma non dovete credete a chi vi dice che la terra è brutta. Il bene è dappertutto. Perciò è giusto dire Kaire, rallegrati, perché la terra è piena della gloria di Dio. Non è una favola, ma è l’amore che rende capaci di amare». L’amore di Cristo, che fa fiorire ogni deserto spirituale. «Quando ho capito che il Signore mi chiamava» al sacerdozio, confida l’arcivescovo ai ragazzi delle medie, «ho sentito commozione, una voglia di cantare e, insieme, di piangere dalla gioia. È qualcosa che prende tutto ciò che una persona è», donando una Grazia che compensa la natura e rende capaci di portare Cristo ai fratelli. Il nostro mondo ha urgente bisogno di parole di vita!
Per amare non basta accogliere l’altro, «inoltre vi raccomando di avere cultura, perché spesso abbiamo un’immagine di ciò che accade fatta di titoli di giornali, della televisione». Vale per lo straniero (davanti a mons. Delpini ci sono molti piccoli profughi ucraini, che lo salutano con striscioni in cirillico), ma è un principio che, di questi tempi, è da applicare di fronte a qualsiasi slogan venga trasmesso dai media. Essere cattolici, nel XXI sec, è anche un esercizio di critica. I cattolici sono forse gli unici che, in Occidente, abbiano mantenuto in esercizio il proprio senso critico di fronte ai fatti e alle colonizzazioni ideologiche.
Quasi nessuno dei bambini degli oratori indossa la mascherina: l’obbligo, all’aperto, è decaduto da diversi mesi. Dal 16 giugno anche nelle chiese l’uso della mascherina è raccomandato, ma facoltativo: rimane solo l’obbligo della Comunione sulla mano.
Lunedì, 20 giugno 2022