L’immagine del Buon Pastore deve diventare, secondo l’arcivescovo, il metro di misura della nostra azione missionaria, che ha bisogno di un popolo che prega incessantemente. Ecco allora la proposta pastorale per l’anno 2022/23, incentrata proprio sulla preghiera
di Michele Brambilla
La sera del 23 giugno, vigilia della solennità del Sacro Cuore di Gesù, che è anche la Giornata della santificazione sacerdotale, mons. Mario Delpini presiede in Duomo una Messa in suffragio dei preti, delle suore e degli operatori pastorali laici defunti nell’anno. Nell’omelia descrive il popolo ambrosiano come «un popolo disperso, non ritrova la strada dell’ovile, non riconosce più un principio di unità, non ci sono pastori solleciti e autorevoli che sanno radunare il gregge». Il Seminario è, infatti, desolatamente vuoto. «La pecora del Vangelo è invece una immagine del peccatore: il Padre misericordioso non dimentica nessuno e anzi la sua gioia è nel salvare tutti», scontrandosi con la debolezza umana nei confronti delle tentazioni e con le resistenze dei “fratelli maggiori” che sono già all’interno della Chiesa, per dirlo con la parabola del figliol prodigo. «Ma lo smarrimento irrimediabile per l’ottusa visione del mondo è», però, «quello della morte, la terra dei giorni nuvolosi e di caligine, la fine inevitabile di ogni vita precaria, di ogni gloriosa apparenza, di ogni stolta presunzione. La pecora si è perduta perché un nemico invincibile se ne è impadronito, l’ultimo nemico, la morte», trionfante e incredibilmente blandita proprio perché temuta.
Anche l’impero della morte, però, ha i giorni contati: «la morte di Gesù è giudicata come il fallimento della sua missione, la dimostrazione della infondatezza della sua pretesa di essere Figlio di Dio. Si rivela invece l’irrompere della sua gloria che scardina le porte degli inferi e salva la pecora perduta strappandola dalle tenebre e dall’ombra della morte», donando a tutti una nuova e ben più solida Speranza.
In mattinata aveva detto, sempre mons. Delpini, ai preti novelli, che hanno ricevuto in Duomo le destinazioni per i primi anni di sacerdozio: «la destinazione per il Ministero presbiterale è come un’annunciazione, cioè una parola che viene, attraverso la Chiesa, da Dio e che apre a un’attuazione concreta della vostra vocazione di preti». Il ministero si intreccia, così, con il Mistero: essere pensati, voluti e destinati. «L’angelo del Signore viene a chiamarci perché ha stima di noi, delle comunità che vi accolgono e dei parroci che saranno i primi responsabili della vostra introduzione nel Ministero. Questo ci fa capire meglio noi stessi, evitando ogni forma di ripiegamento deprimente, così come la presunzione di chi si sente comunque preparato e dotato di tutti i doni necessari», spiega l’arcivescovo, aggiungendo: «ricordatevi che voi entrate come collaboratori nel presbiterio e con i laici». Il sacerdote del XXI sec. non può più davvero concepirsi come un factotum da cui dipende ogni attività.
Tutta la comunità deve, però, ritrovarsi attorno alla mensa eucaristica per essere davvero credibile: ecco che la lettera pastorale per l’anno 2022/23, in libreria a partire dal 24 giugno, ha come tema centrale la preghiera. Mons. Delpini insiste da tempo su questo particolare perché, «spesso trascurata o vissuta come adempimento», la preghiera «è una necessità della vita cristiana», altrimenti l’apostolato non potrebbe in alcun modo fregiarsi di quel titolo. L’arcivescovo vuole che si preghi soprattutto per due necessità stringenti: le vocazioni sacerdotali e la pace nel mondo, minacciata dall’invasione dell’Ucraina e dagli altri fattori di crisi che quel conflitto ha messo pericolosamente in gioco.
Lunedì, 27 giugno 2022