L’arcivescovo visita altri oratori estivi dell’arcidiocesi, proponendoli a tutti come esempio di come si costruisca concretamente non solo la pace in un mondo in guerra, ma anche una civiltà differente, fondata sui principi cristiani
di Michele Brambilla
Mons. Mario Delpini valica la soglia degli oratori di Villa Cortese, Legnano e Cerro Maggiore per l’ormai consueta visita pastorale estiva. Un appuntamento al quale l’arcivescovo tiene molto, perché gli permette di ripetere alcuni principi cardini della sua azione pastorale, sedendo a tavola con il clero cittadino e predicando a miriadi di ragazzi, destinati a costruire le comunità di domani.
I bambini e i ragazzi di oggi sono circondati da molte paure, segnati come sono dalla pandemia e dai rumori di guerra mondiale che aleggiano attorno all’escalation in Ucraina. «C’è una paura da cui si sente guarito?», chiedono direttamente a mons. Delpini. L’arcivescovo nel suo discorso, che prende la forma del dialogo, risponde che «la mia vita è sempre stata piuttosto facile, sono nato in una famiglia numerosa con sei figli» senza particolari problemi, ma da giovane aveva paura di parlare in pubblico. Fu presiedendo la preghiera all’oratorio estivo che imparò.
In un mondo attraversato da profonde ostilità, paragonabili ai crepacci lasciati da un fortissimo terremoto, «gli abissi che separano gli uomini sono superabili solo se si va in alto, se si alzano gli occhi al cielo, volando sulle ali degli angeli, se si prega», ribadendo ancora una volta l’importanza di reimpostare tutto su Cristo, vero tesoro da riscoprire per fondare una società più giusta, in cui tutti si sentano accolti e valorizzati.
Prima di visitare gli oratori di Cerro Maggiore, mons. Delpini sosta presso quelli dell’Oltrestazione di Legnano. Benché l’arcivescovo visiti quasi tutti gli oratori cittadini, sembra doveroso citare perlomeno la parrocchia dei SS. Martiri Anauniani: benché non molto antica (la prima pietra fu posata dal beato card. Ferrari il 4 settembre 1904 e la chiesa fu consacrata nel 1910), ha una particolare importanza storica, dato che fu retta dal 1960 al 1969 dal futuro card. Giacomo Biffi (1928-2015), il quale in loco si avvide già della necessità di una nuova evangelizzazione, ideando per esempio la Missione di Legnano (1969), senza fare sconti alla mentalità dell’epoca.
Mons. Delpini dice ai sacerdoti e ai ragazzi: «sono contento di essere qui e della scritta “Kaire” che è un annuncio di gioia ed è anche la prima parola che l’angelo dice a Maria. Nella mia immaginetta», ovvero sul “santino” che i collaboratori dell’arcivescovo consegnano ai presenti ad ogni tappa, «le montagne hanno lo stesso colore del cielo, azzurro e bianco, per dire che la terra è piena della gloria di Dio, ossia dell’amore che rende capaci di amare. Vi incarico di portare questo messaggio, specie a chi continua a lamentarsi» vedendo tutto nero, senza adoperarsi nel suo piccolo per una concreta restaurazione sociale. Ogni problematica, infatti, è anche una sfida da saper cogliere e affrontare, affinché il Vangelo torni ad essere il “manuale” di questa disastrata Europa post-moderna.
Lunedì, 4 luglio 2022