Il mondo è sempre meno a misura di nuovo nato: mons. Delpini prega che lo sia almeno la sua città
di Michele Brambilla
Il mese di luglio è caratterizzato, a Milano, dal terribile delitto di Diana Pifferi, una bambina di pochi mesi narcotizzata e lasciata morire di stenti per giorni mentre la madre, egocentrica e infantile, inseguiva l’idolo del benessere raggiungendo l’amante a Bergamo e mentendogli riguardo alle condizioni di salute della figlia.
Nella mentalità di Alessia Pifferi, la madre infanticida, si possono osservare molte ombre della mentalità di oggi, decisamente ostile ai bambini a qualunque età appartengano. Il mese di agosto si apre, infatti, a livello internazionale con la vicenda del piccolo Archie, 12 anni, ennesima vittima del “best interest” della medicina e della giurisprudenza utilitarista britanniche. I genitori fanno il giro dell’Europa intera, appellandosi all’ONU e alla stessa UE per impedire il distacco dei macchinari che sorreggono la vita del loro bambino, allettato da tre mesi a causa di un grave incidente domestico. Da una parte (il caso di Diana) l’individualismo che ruota attorno alle ubbie del singolo, dall’altra uno Stato “onnipotente” che decide la vita e la morte contro la volontà degli stessi tutori naturali del paziente (Archie): due facce della medesima medaglia postmoderna.
Il 5 agosto ricorrono esattamente 5 anni dalla morte del card. Dionigi Tettamanzi, arcivescovo ambrosiano dal 2002 al 2011, che da giovane teologo fu tra i primi ad argomentare a favore della vita nascente, nella temperie della legalizzazione dell’aborto in Italia (1978). Il suo attuale successore, mons. Mario Delpini, nella lettera per il funerale di Diana a Milano, celebrati alla presenza delle autorità cittadine (notoriamente poco sensibili alla dottrina cattolica sulla vita nascente e morente), esprime parole altrettanto dure e profonde per descrivere l’orrore: «noi non riusciamo a comprendere come sia potuto succedere l’abbandono di una bambina fino all’esito tragico della morte di stenti», scrive infatti l’arcivescovo, e nella parola “abbandono” c’è tutto il peso della cappa di individualismo che ignora le persone reali e considera un nulla le loro vite. L’uccisione deliberata dei bambini è un vero e proprio sacrilegio contro la promessa che Dio iscrive in ognuno di noi alla nascita, e «noi non riusciamo a rimuovere un vago senso di colpa perché la nostra città dovrebbe essere diversa», ammonisce senza giri di parole.
«Abitare in città dovrebbe significare far parte di una comunità e ogni solitudine dovrebbe trovare rimedio nell’attenzione reciproca e nell’operosa solidarietà» dei fratelli. Milano è sempre stata “con il cuore in mano” fino a che si è ricordata di essere cattolica, ovvero di appartenere ad una fede e ad una cultura per la quale siamo tutti figli preziosissimi di un Dio che si è fatto Egli stesso uomo. Oggi i governanti e pure molti governati sono affascinati dalle chimere della tecnocrazia e immersi nel radicalismo ideologico che punta a dividere l’uomo dalla natura, nonostante si straparli di essa nei discorsi ufficiali: i risultati, pare dire mons. Delpini con molta amarezza, purtroppo si vedono. Molto meglio, assicura l’arcivescovo, tornare a guardare verso l’Alto: «preghiamo perché Diana abbia presso Dio quella pienezza di vita e di gioia che le è stata negata sulla terra. Preghiamo perché il dramma incomprensibile risvegli a compassione e a sapienza la mamma Alessia. Preghiamo perché lo Spirito di Dio ci aiuti a essere protagonisti di una storia di fraternità» autentica, che tuteli la vita di ciascuno.
Lunedì, 8 agosto 2022