Il tempo straordinario del pellegrinaggio, afferma mons. Delpini, serve per rinnovare il proprio impegno cristiano nel quotidiano
di Michele Brambilla
L’11 agosto mons. Mario Delpini raggiunge un gruppo molto consistente di pellegrini ambrosiani a Santiago de Compostela, in Spagna per onorare l’Anno Compostelano, ovvero quel particolare giubileo locale, collegato alla ricorrenza del 25 luglio quando cade di domenica. Il giubileo è stato posticipato di un anno (dal 2021 al 2022) a causa della situazione pandemica, in modo tale che Santiago potesse riempirsi di pellegrini come un tempo. E così è stato.
L’arcivescovo celebra più volte per i giovani presenti nella celebre cattedrale e dialoga anche con il suo omologo locale. Importanti le parole espresse nel corso delle omelie rivolte ai ragazzi ambrosiani. Nella prima omelia, mons. Delpini, traccia un vademecum di 5 frasi, che invitano a mettere nella vita quotidiana il sale spirituale ricavato dal pellegrinaggio. Nella vita è fondamentale, infatti, chiedersi «cosa veramente chiedo? cosa veramente cerco?», ma soprattutto «con quale proposito voglio tornare?».
Si diventa, quindi, pellegrini per dare nuova linfa alla propria testimonianza quotidiana: «il pellegrinaggio interrompe il ritmo ordinario, ci fa riconsiderare chi siamo. Dove sono? Dove sto andando? Cosa mi fa soffrire? Cosa mi fa contento? Il viaggio favorisce incontri inediti, confidenze che vanno oltre superficialità e timidezza. Il pellegrinaggio accumula emozioni e pensieri, fatiche e avventure. Ne viene un desiderio di raccontare e condividere con foto e video», certo, ma soprattutto in un altro modo. Il pellegrinaggio serve per la missione, non può ridursi all’emozione del momento, dato che vi abbiamo incontrato Gesù: «quali sono i segni della sua presenza? La sua Parola fa diventare una conversazione, fa ardere il cuore. Non è solo ascolto accondiscendente, la Parola si fa carne crocefissa e gloriosa. La sua gloria entra anche nelle tenebre, sconfitte, peccati e trasfigura nella vita del Figlio. La sua gloria ci abita, siamo figli nel Figlio. Gesù trasforma ogni giovinezza in un tempo di vocazione», che non significa soltanto “scegliere il proprio mestiere” o il proprio ministero nella Chiesa, ma anzitutto trovare nel Signore un punto di riferimento fondamentale. Il cattolico non può che militare nel campo di Cristo Re, dando alla propria vita quotidiana il sale del Vangelo.
Lunedì, 15 agosto 2022