La dimensione contemplativa della vita, richiamata da tutti gli arcivescovi più recenti, come punto di ri-partenza dell’arcidiocesi di Milano
di Michele Brambilla
Nell’omelia del 30 agosto per la commemorazione di tutti gli arcivescovi defunti (il ricordo specifico del card. Carlo Maria Martini, morto il 31 agosto 2012, è demandato ad una piccola cerimonia presso la tomba del porporato il giorno seguente) mons. Mario Delpini constata che «tutti coloro che esercitano il ministero e assumono responsabilità nella Chiesa sperimentano obiezioni, critiche, resistenze e opposizioni. Tutti». Anche mons. Delpini sa di essere aspramente criticato, fino ad insinuare «il sospetto deprimente che insiste in ogni valutazione, la tentazione che induce a lasciar perdere: il mio ministero è stato inutile». Nelle parole dell’arcivescovo sembra di sentire un’eco soprattutto delle polemiche agostane attorno alla vicenda di don Mattia Bernasconi, cartina di tornasole delle condizioni di molto clero giovane dell’arcidiocesi.
Si contrappone a questa auto-valutazione denigratoria la Lettera ai Tessalonicesi letta nella liturgia. San Paolo aveva a cuore l’unità del suo gregge: un insegnamento fatto proprio dagli arcivescovi milanesi, che talvolta si sentirono dire: «“Ecco, le tue parole rivelano che vuoi sostenere un partito, che vuoi difendere una ideologia, che sei a servizio di quegli interessi”». «Come si vince questo sospetto», chiede mons. Delpini. Forse «i nostri vescovi l’hanno vinto e ci insegnano a vincerlo» abbandonandosi alla volontà del Signore. «Infatti che cosa è utile e che cosa è inutile nel ministero di chi segue la via di Gesù? Nessuno lo sa se non Dio», e i pastori procedono per tentativi, cercando di interpretare il volere del Signore in un dato momento storico. Diradatosi il “fumo” delle polemiche contingenti, sarà possibile scorgere i frutti duraturi del ministero di ciascuno.
Il servizio prestato al proprio popolo non è mai, quindi, fatica sprecata. «I vescovi che ricordiamo», afferma l’arcivescovo con sicurezza, «hanno smentito e ci insegnano a smentire questa insinuazione con la cura per l’unità della Chiesa ambrosiana, l’hanno visitata tutta, hanno ascoltato tutti, hanno avuto pazienza con coloro che li criticavano e con coloro che non avevano stima di loro. Hanno servito l’unità piuttosto che il successo delle loro proposte o la recezione delle loro posizioni. Hanno avuto a cuore la comunione».
Quella comunione che mons. Delpini inserisce nelle felicitazioni per l’elevazione alla porpora del suffraganeo vescovo di Como, card. Oscar Cantoni, al quale dice: «il Papa chiede a noi, in particolare ai cardinali, di dedicarsi senza risparmio, di lavorare per la Chiesa, di servire la Chiesa, come hai detto tu fino al sangue. La Chiesa universale. Ciascuno di noi, per forza di cose, si concentra molto sulla sua diocesi, ma questo amore per la Chiesa deve raggiungere tutti, deve preoccuparsi di tutte le situazioni drammatiche in cui i cristiani sono perseguitati, in tutti i luoghi dove la fede si spegne: abbi a cuore la Chiesa universale». Parole risuonate nella cattedrale lacustre nel pomeriggio del 31 agosto, festa patronale di sant’Abbondio. E sono quelle che contano.
Per quanto riguarda la Chiesa locale ambrosiana, l’arcivescovo ritiene prioritario «il richiamo alla dimensione contemplativa della vita» formulato in vario modo da tutti i suoi predecessori. Perché l’unità si fa soprattutto attorno ad un’Eucaristia correttamente celebrata, epifania di una fede altrettanto salda nei suoi principi dottrinali e morali.
Lunedì, 5settembre 2022