Don Gnocchi testimone della presenza di Cristo nell’umanità crocifissa dalle guerre e dalle malattie. L’arcivescovo definisce “pazzia” la guerra in Ucraina ed esorta gli uomini ad imparare, finalmente, la triste lezione della Seconda guerra mondiale
di Michele Brambilla
Quando si parla del beato Carlo Gnocchi (1902-56) vengono immediatamente in mente due parole: “Nicolaewka”, la terribile ritirata degli alpini italiani dal fronte russo-ucraino durante la Seconda guerra mondiale, e “mutilatini”, ovvero la promessa, formulata dallo stesso sacerdote ambrosiano, di prendersi cura degli orfani e delle altre piccole vittime del conflitto se fosse sopravvissuto alla campagna di Russia.
In effetti, come ricorda lo stesso mons. Mario Delpini nell’omelia per la solenne celebrazione di sabato 22 ottobre, «il b. Carlo Gnocchi, cappellano degli alpini, partecipe della tragedia, salvato dalla morte per congelamento dal gesto di un alpino, ci ha messo anni per mettere per iscritto una parola cristiana sull’esperienza». L’arcivescovo trae dagli scritti del cappellano una lunga citazione, all’interno della quale evidenzia queste parole: «“Chi può dire, se nella vita non l’abbia provato, il terrore che viene dal veder l’anima propria perdere mano a mano il potere di consentire al dolore, al pericolo e alla morte? Nulla è più agghiacciante di questo impietrimento e quasi morte interiore, sotto i colpi troppo gravi e reiterati della sventura, della fame, della stanchezza e del sonno” (Carlo Gnocchi, Cristo con gli alpini)».
«La parola cristiana che don Gnocchi ha scritto porta il titolo che accende l’unica possibile parola di speranza nel fondo dell’abisso del soffrire: Cristo con gli alpini. Quando tutte le parole sono inutili, quando i segni sono incomprensibili, quando le energie sono esaurite, quando ogni speranza è perduta, una certezza rimane: Gesù non abbandona, Gesù rimane con coloro che soffrono. Gesù è disceso negli inferi più spaventosi per dire: “Sono qui, con te, sono qui perché tu gemi e soffri, perché tutta insieme la creazione geme e soffre e io sono qui e gemo e soffro con te”», dice l’arcivescovo, il quale, nel giorno in cui la nostra associazione inizia a pregare per la pace in Ucraina, denuncia che «la tragedia della guerra è incomprensibile, ma si vede che nell’umanità è seminato un principio di idiozia, una sorta di inestirpabile pazzia per cui l’umanità non impara mai neppure dalle sue vicende più tragiche».
Ma «noi vorremmo essere un segno di questa tenace, affidabile, irremovibile presenza di Gesù» anche, ed è l’altro “fronte caldo” in questo momento storico, quando si parla di malattie croniche o irreversibili, per le quali la società contemporanea favorisce una ed una sola soluzione: ancora una volta la morte. C’è, invece, Qualcuno che la morte l’ha vinta: «talora le sofferenze sono irrimediabili e la morte si profila come l’esito inevitabile e noi saremo vicini a chi soffre per dire: “Cristo è con te, non ti abbandona. Cristo ha subito e sconfitto la morte e le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura”».
Le fondazioni nate dall’esperienza del beato Carlo Gnocchi testimoniano quotidianamente l’amore per ogni vita. Da qualche tempo anche l’arcidiocesi di Milano sta cominciando ad affrontare in maniera ufficiale determinati temi legati ai “principi non negoziabili”. Qualcuno, nel mondo cattolico, si è dimostrato prevenuto nei confronti di queste iniziative. Il fatto stesso che se ne parli con relatori competenti, invece, è una bella e fruttuosa novità nel panorama ecclesiastico milanese.
Lunedì, 24 ottobre 2022