L’arcivescovo inaugura, assieme al card. Gianfranco Ravasi, l’anno accademico dell’Università Cattolica e, visitando una mostra in Triennale, critica la riluttività del linguaggio scientifico contemporaneo, che ha bisogno di filosofia e, soprattutto, teologia per trovare la sua completezza
di Michele Brambilla
Mons. Mario Delpini, in quanto presidente dell’Ente Toniolo, pronuncia il 23 novembre il discorso introduttivo del dies accademicus dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Ospite d’onore il card. Gianfranco Ravasi, insignito di una laurea honoris causa in Scienze dell’Antichità.
L’arcivescovo ricorda che «l’università è un luogo di lavoro. Ci sono il Rettore, gli amministratori, i docenti, il personale: centinaia di persone che vivono di questo lavoro in università. Potrebbe essere anche una sistemazione. Potrebbe essere anche una carriera, potrebbe essere anche un servizio».
L’università di cui si parla si pregia, però, dell’aggettivo “Cattolica” e «i fondatori dell’Università si sono proposti di creare l’università come luogo di formazione della classe dirigente del futuro», con un chiaro intento di riconquista degli spazi politico-sociali da cui i cattolici erano stati esclusi nel corso dell’Ottocento. «Forse possiamo in qualche modo riprendere le intenzioni originarie», dice mons. Delpini, se consideriamo il futuro che ci sta davanti come la vera“grande opera” da realizzare. «Custodiamo il passato come una inesauribile risorsa per il futuro, inesauribile risorsa di metafore per andare oltre la banalità, inesauribile risorsa di spunti per un senso critico, inesauribile risorsa di saggezza. Curiamo tutte le specializzazioni che competono come strumenti per la formazione di persone che dovranno abitare il futuro e assumersi la responsabilità della loro famiglia, della loro professione, del loro Paese» senza disgiungere i due aspetti, perché i giovani «Abiteranno il futuro non solo applicando quanto hanno imparato per far funzionare il sistema, ma anche per rilevare i limiti del sistema politico, economico, finanziario, sociale» attuale, che ha poco a che fare con un ordine sociale a misura d’uomo e secondo il piano di Dio. La missione che l’Università Cattolica è quindi far sì che il mondo futuro abbia l’apporto determinante di persone formatesi alla luce della dottrina sociale della Chiesa, con una visione teologica della realtà.
Il presidente della Triennale di Milano, l’architetto Stefano Boeri, invita l’arcivescovo a visitare la mostra Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries, che mette a tema il senso del Mistero. Boeri, emblema della cultura “laica” contemporanea, che si sente spesso onnipotente, ammette che «questa esposizione altro non è se non una collezione di domande, che ci interrogano sull’ignoto da prospettive diverse. Partendo da una consapevolezza: nella maggior parte dei campi del sapere – dai fondali oceanici alle neuroscienze – conosciamo poco più del 5% dello scibile». Mons. Delpini, nel dialogo con Boeri, considera il Mistero quella dimensione che intravede nell’ignoto un’antica Promessa. «Ho come l’impressione che oggi il linguaggio sentito come più rassicurante sia quello della scienza. Ma io credo che i percorsi di conoscenza esclusivamente scientifici rischino di essere riduttivi», perché riducono la realtà a quanto è possibile quantificare matematicamente. «Penso che ci sia un altro tipo di conoscenza carica di speranza e di promesse sulla vita: la consapevolezza del mistero dell’amore, grazie alla quale possiamo guardare all’universo non come a un posto minaccioso, nel quale l’uomo è insignificante, ma appunto come a una terra promessa», in cui l’uomo e il creato stesso possono trovare la loro realizzazione perché riconoscono di avere ricevuto la vita da Qualcuno che ci ha amato fin dal primo istante.
Lunedì, 28 novembre 2022