Dall’impegno missionario dei cattolici può risorgere una società a misura d’uomo e secondo il piano di Dio
di Michele Brambilla
Il 28 novembre l’auditorium S. Giovanni Paolo II (e la scelta non è casuale) della parrocchia milanese di S. Maria del Rosario ospita un dialogo tra mons. Mario Delpini e il suo omologo bolognese, il card. Matteo Zuppi, presidente della CEI. Il tema è il cammino che sta conducendo la Chiesa locale ed universale verso il Sinodo dei vescovi sulla sinodalità, che avrà un iter molto lungo e può apparire ai più un tema arido.
Preoccupazione dei due arcivescovi è mostrare come non si tratti di una questione meramente procedurale. Secondo il card. Zuppi, la “sinodalità” corrisponde a «camminare insieme che parte dal basso». L’accento, dice mons. Delpini, evidenzia proprio l’avverbio “insieme”. «In questi mesi, attraverso il lavoro dei Gruppi Barnaba, abbiamo condiviso la gioia di raccontare quanto bene, magari sconosciuto, c’è nel territorio. La sinodalità è stato un lavoro di “mani”, più che di “carte”, e ciò implica una responsabilità: l’ascolto ci interroga non come professionisti cui si chiede una ricetta o una medicina, ma come discepoli in cammino, chiamati a compiere quell’aspetto della sinodalità che porta alla missione», rispondendo in particolare alle domande sul «perché le persone sono sole? Perché sono disperate? Questo ci domanda una risposta. Lo strumento sinodale diventa così lo stile di una fraternità che diventa accogliente» verso tutti coloro che cercano nella Chiesa un rifugio in questo contesto sociale deprimente.
Anche l’arcivescovo di Bologna afferma che «la gente sola ci ferisce» e ricorda che «conservare la propria identità non significa rimanere al chiuso, anche se molti lo pensano. Questo è il pericolo maggiore. In termini comunitari e di Chiesa è la fine, perché il Signore ci ha sempre chiamati per andare. Bisogna farsi ferire dalle situazioni di solitudine e povertà e domandarsi cosa fare: la missione è questa», specie se «se un nucleo familiare su tre in Emilia Romagna (ma il dato non è puramente regionale), è composto da una sola persona», come prova anche il boom dei single nel centro di Milano, non a caso l’area urbana in cui più si evidenzia (anche dal punto di vista del voto, che non a caso va ai partiti radical-chic, aggiungiamo noi) lo sfacelo culturale contemporaneo, che non è più in grado di interpretare complessivamente la realtà. Facendo solo un esempio di questa mancanza di lucidità ideologica, mons. Delpini osserva che «a lungo i migranti sono stati interpretati come un capitolo riguardante solo la Caritas. In verità si è visto che l’enfasi sulla disperazione di alcune situazioni – come il naufragio dei barconi anche di questi giorni – ci abbia impedito di vedere le migliaia di persone che sono tra noi, magari impegnate in lavori che gli italiani non fanno più», e affollano i nostri oratori.
Il card. Zuppi prende a prestito dal confratello l’arte “del buon vicinato”, dicendo che «il vantaggio di questo momento, tra la pandemia e l’altra pandemia di domande che è la guerra, è la consapevolezza di essere nella stessa barca che può permetterci di riprendere una comunicazione con i nostri compagni di strada. Quando ci si accorge del peso della solitudine, occorre un linguaggio diverso per annunciare il messaggio di sempre». Insomma, per la pastorale è un tempo propizio: sapremo coglierlo come si deve, indossando effettivamente i panni del missionario convinto e gioioso?
Lunedì, 5 dicembre 2022