La depressione degli uomini contemporanei si vince quando si prende a cuore la tristezza degli altri e la si illumina con la luce di Betlemme
di Michele Brambilla
Il 27 dicembre mons. Mario Delpini parte per far visita ai missionari ambrosiani in Camerun. Nei suoi piani, si tratterrà in Africa fino al 5 gennaio. Nel frattempo, ci soffermiamo sull’omelia pronunciata nella Messa della Notte di Natale.
Essa, infatti, denuncia la malinconia che contraddistingue la società italiana dei nostri tempi. «Gli uomini e le donne malati di tristezza spendono un capitale in medicine e visite specialistiche: è vero, le medicine attenuano il dolore ma la tristezza non guarisce» soltanto con la tecnica o annegandola nei divertimenti fatui. «Uomini e donne si affollano là dove divertimenti e piaceri, euforia ed ebbrezza sono programmati con molta professionalità e, ovviamente, offerti al giusto prezzo», ma neanche lì trovano la pace: al massimo, in discoteca, si può raggiungere l’obnubilazione, ma per quanto tempo? Infatti, «gli uomini e le donne che si sentono vittime delle cose, sperano in un ricostituente efficace, passando anche momenti di benessere, poi però la tristezza ritorna, forse anche peggio di prima».
Allora «la benedizione del Natale significa la promessa di una gioia che può sfidare tutte le tristezze, il dono di una pace che può superare le guerre, di una fraternità nuova costruita sulla vita di Dio», un Dio che si fa bambino povero perché l’uomo risplenda della Sua autentica ricchezza di doni. La vocazione del Natale «è la vocazione a camminare sulla strada percorsa da Gesù, l’uomo che rende possibile all’umanità vivere secondo l’altezza della sua vocazione alla gioia» proprio perché non nega la condizione di limite, ma, avendola attraversata e vinta per primo, apre a tutti la via della Risurrezione.
Come mons. Delpini ripete nell’omelia della Messa del giorno, «la festa del Natale è l’invito a credere all’annuncio che è nato il Salvatore, non una potenza che sconfigge i potenti, ma un’umanità nuova che rende praticabile essere donne e uomini rinnovati» anche in questo mondo postmoderno disastrato, divenendo la radice di una civiltà antitetica. Pensando al coro di angeli sopra la grotta di Betlemme, l’arcivescovo osserva che «forse oggi non si vedono angeli che vengono dal cielo o annunci che riempiono di luce una notte di faticoso lavoro. Credo che non vengano più perché siamo noi gli incaricati, i messaggeri della buona notizia, della parola che abbiamo ascoltato» e scuote l’assemblea, rimproverando che «anche in noi, forse, vi è l’atteggiamento di essere convinti e giustificati nell’essere tristi, ma incontrando il Signore nella celebrazione eucaristica ci viene detto che siamo chiamati per una missione». «Prendersi cura di coloro a cui sei mandato ti libera dalla tristezza. Il Natale non è la recita precaria e temporanea, è piuttosto la rivelazione che percorre il Vangelo per raggiungere tutti gli uomini e le donne di questo nostro tempo con la responsabilità della missione. Prendetevi cura dei fratelli e delle sorelle, annunciate la gioia», esorta mons. Delpini: «vinceremo la nostra tristezza, quando prenderemo a cuore quella degli altri».
Lunedì, 2 gennaio 2022