Ancora la ricostruzione dell’Europa cristiana al centro delle omelie di mons. Delpini
di Michele Brambilla
Mons. Mario Delpini, nella Veglia in Traditione Symboli 2023, dice nel Duomo di Milano che «questa Europa mi sembra una vecchia grassa, cattiva, egoista. E noi forse abbiamo la responsabilità di andare fin là, dove il continente finisce nell’Atlantico, per voltarci indietro con le parole del Papa, “Si alzò e andò in fretta”. Voltarsi indietro, guardare l’Europa e dirle che la vogliamo giovane, bella, capace di solidarietà, di pace. Noi andremo a Lisbona e diremo che, come mendicanti, abbiamo ricevuto un fuoco, una perla preziosa e ora abbiamo la responsabilità di rinnovare la vita di questo continente». Sul punto l’arcivescovo chiede ai giovani ambrosiani addirittura «un giuramento, una professione di fede».
Di fronte a mons. Delpini, la sera del 1 aprile, siedono anche e soprattutto i catecumeni, già incontrati in mattinata. Dialogando proprio con loro nella Casa Card. Schuster rifletteva: «credo che per ringraziare il Signore dobbiamo essere riconoscenti e chiederci come possiamo portare frutto con le nostre risorse da spendere per il bene», sia pregando, sia portando il Vangelo nelle circostanze in cui ci troviamo a vivere. Poche aule più in là si stava giusto presentando il tema dell’oratorio estivo 2023, Tu x tutti – e chi è il mio prossimo?, reinterpretazione molto attuale della parabola del buon samaritano, perché «è quell’invito a farsi dono per gli altri secondo il comandamento dell’amore, giocato ed esercitato nelle calde giornate dell’Oratorio estivo, ma ancora di più nella cura che ciascuno imparerà a dare agli altri, nei gesti quotidiani della sua vita».
Puntuale, alle 10.45 del 2 aprile, inizia la processione della Domenica delle Palme. L’omelia prende in esame l’incomprensione dei discepoli, che ora «non comprendono» di fronte a Gesù, che entra a Gerusalemme sapendo di incontrarvi la morte. «La figura del discepolo ottuso diventa per noi una domanda: ma noi comprendiamo» l’opera del Signore?
Se Gesù è il Re, perché cavalca un asinello, perché è umile? Perché, poi, il Padre non lo salva? Soprattutto, «se noi siamo amici di Gesù, il Re, il Signore, perché non riceviamo vantaggi da questa sequela, perché non veniamo messi al riparo dalle tribolazioni della vita», perché, infine, non abbiamo il successo che tutti si aspettano da coloro che sono testimoni dell’Onnipotente? Allora, come oggi, la Chiesa sembra insignificante, nonostante i segni liturgici della Pasqua siano ancora molto popolari. Forse l’ulivo «è inteso come una specie di buon augurio, un portafortuna che allontana dispiaceri e disgrazie, forse la sopravvivenza di una consuetudine» dei tempi del catechismo, ma come fu per i Dodici anche noi ci ricorderemo quando Gesù sarà glorificato, come insegnano le letture della Settimana Santa.
Come ricorda, infatti, l’arcivescovo, «se non si va fino al Calvario, fino la sepolcro, fino all’incontro, la vita di Gesù resta un enigma, come quella di ogni uomo vittima innocente della vita e della cattiveria umana». La Risurrezione è la luce ineludibile con la quale leggere l’intera vicenda di Gesù e l’intera storia umana. Una luce, quindi, che non elude affatto il dramma storico. «Le Scritture annunciano la regalità che contraddice tutti i pregiudizi e le ideologie del potere. La regalità di Gesù è praticata nella forma dell’umiltà e il suo potete è al servizio della pace», quella vera, tale proprio perché rovescia le logiche mondane, scontrandosi aspramente con esse. Questo scontro ha già un Vincitore: è Lui che annuncia la riconciliazione perfetta.
Lunedì, 3 aprile 2023