Per incentivare le vocazioni sacerdotali, dice l’arcivescovo, non occorrono operazioni di facciata, ma un ripensamento generale dello stesso catechismo parrocchiale
di Michele Brambilla
I numeri del Seminario Arcivescovile di Milano sono ormai impietosi, pertanto il 6 aprile mons. Mario Delpini annuncia durante la Messa crismale che si procederà ad una ridefinizione degli spazi e dello stesso cammino formativo dei chierici ambrosiani, chiamati ancora di più a confrontarsi sul campo con le sfide del mondo contemporaneo e con le diverse forme di vocazione nella Chiesa. Il terzo anno di formazione vedrà quindi i seminaristi vivere a piccoli gruppi nelle parrocchie e la vestizione dell’abito clericale avverrà alle soglie del diaconato. Non solo: tutti dovranno convivere, a Venegono Inferiore, nel medesimo braccio dell’enorme Seminario diocesano.
Le nuove norme sono ad experimentum. A mons. Delpini, però, non interessano le operazioni di facciata. Il Seminario “sta a monte”, è il destinatario ultimo del percorso di vita del futuro sacerdote, che cresce, come tutti, in una parrocchia o in una comunità pastorale. Questo obbliga, dice l’arcivescovo, a coinvolgere l’intera pastorale comunitaria fin dalla catechesi per i Sacramenti, dato che è nell’infanzia che si insegna a guardare alla propria vita in senso vocazionale.
Nell’omelia della Messa crismale, celebrata come sempre il Giovedì Santo, l’arcivescovo ricorda volutamente che «gli oli che consacriamo in questa solenne liturgia sono per l’unzione di tutti coloro che sono iniziati alla vita cristiana, di coloro che sono consacrati nell’ordine sacro, di coloro che sono consolati nei momenti della prova», in poche parole per l’intero popolo cattolico, che si deve sempre più concepire unitariamente all’interno di un mondo contemporaneo frammentato. Mons. Delpini ribadisce che «nella Chiesa tutti i battezzati sono pietre vive, sono chiamati per essere mandati a portare il lieto annuncio ai poveri», pertanto «è necessario che il desiderio di annunciare Gesù sia vivo in tutti, e che raggiunga tutti». Tra i ministeri ordinati l’arcivescovo si sofferma in particolare sul diaconato perché offre l’esempio di uno stile “umile”. Criticando un certo protagonismo clericale, ancora vivo nelle terre ambrosiane, mons. Delpini rimarca che «la riforma del clero ha il suo principio nell’evidenza che essere preti significa, prima di ogni ruolo e potere, appartenere al presbiterio diocesano». Ancora una volta a vincere è il principio comunitario, che non deve soffocare ma valorizzare i carismi individuali, tenendo conto del fatto che «i preti non sono chiamati a fare tutto, a pensare a tutto, ad avere tutto sotto controllo, ma il presbiterio nel suo insieme con il vescovo e i diaconi deve curare che la parola del Signore e la sua Pasqua che si celebra nell’Eucaristia continui a chiamare a conversione, a tenere vivo lo zelo perché nessuno si vergogni del Vangelo».
In vista di questo, «la cura perché la pastorale giovanile sia pastorale vocazionale mette in evidenza l’urgenza di una reale esperienza cristiana che sia relazione con Gesù e non solo con valori, proposte, iniziative della comunità cristiana», spesso sganciate l’una dalle altre, in una situazione in cui anche i giovani che si considerano cattolici danno alla Chiesa le briciole del proprio tempo e non riescono a riordinare neppure i vari aspetti della loro vita. Vita peraltro soffocata da mille voci estranee, che impongono il loro modo di pensare lasciando pochi spazi alla stessa considerazione della realtà concreta di ogni giorno. «Tutta la comunità cristiana e in particolare coloro che si fanno carico della pastorale giovanile si devono domandare come sia coltivata la preghiera per le vocazioni di speciale consacrazione, di come siano proposti a ragazzi e ragazze, a giovani uomini e donne del nostro tempo percorsi di formazione e di discernimento», perché non bastano gli “spot” una tantum quando manca un disegno educativo unitario. «Tutti siamo chiamati a farci carico di un aiuto personale e di percorsi comunitari, perché nessuno si senta al mondo per caso o per niente e tutti si sentano chiamati a portare a compimento la loro vocazione a essere figli e figlie di Dio nelle forme specifiche delle diverse scelte di vita» a cui ci si sente chiamati.
Lunedì, 10 aprile 2023