Impresa non facile per comunità che sono esse stesse depresse. Ecco perché è necessario riscoprire la funzione dei cori nella liturgia a vantaggio della stessa comunità
di Michele Brambilla
Come dice mons. Mario Delpini nell’omelia del 18 maggio, che a Segrate corona il corso Te laudamus rivolto agli operatori pastorali del settore della musica liturgica, spesso siamo convinti che «la nostra vita è piena di fantasmi, siamo stati abbandonati da Dio e siamo spaventati da quello che vediamo, siamo in cammino verso la morte», pertanto meglio spremere quello che c’è, come grida la cultura contemporanea. In questo contesto storico anche i cattolici si conformano all’individualismo, tanto che «entriamo sì nella stessa assemblea, partecipiamo sì agli stessi eventi, ma gli altri ci danno più fastidio che gioia».
Non è stata casuale la richiesta di incrementare i cori giovanili parrocchiali nel corso della Quaresima: il desiderio dell’arcivescovo era proprio aiutare la ricostruzione di un senso di comunità attraverso un servizio concreto, in questo caso la preparazione della Veglia pasquale. Infatti «nella comunità spaventata, depressa, divisa, entra il Signore risorto», dissipando dubbi e tensioni, ma soprattutto spingendo alla missione.
«Nella comunità impaziente e delusa il Signore risorto semina la speranza non come un esaudimento delle aspettative, ma come un ardore per la missione», e anche una liturgia ben cantata può essere una potente testimonianza di fronte al mondo. A Messa si radunano tutti i carismi e alle nostre celebrazioni liturgiche partecipano anche tante persone “in ricerca”. «La celebrazione del banchetto eucaristico offre la grazia di riconoscere la presenza di Gesù, vivo e principio di vita nuova, di nuova gioia, di nuova comunione tra i discepoli», sottolinea mons. Delpini. Lo stesso corso Te laudamus non voleva soffermarsi solo sugli aspetti tecnici: anch’esso aveva come obbiettivo «proporre un cammino di conversione» attraverso la musica sacra.
L’organo a canne è forse lo strumento che meglio rappresenta non solo la musica sacra, ma anche la stessa Chiesa: i suoi mille registri sono infatti un’ottima metafora dei carismi e delle varie membra della comunità ecclesiale. Non stupisca, quindi, il successo dei concerti organistici che precedono le celebrazioni in Duomo, finalizzati alla raccolta fondi per il restauro dello stesso strumento. Nella voce dell’organo si percepiscono la bellezza e l’unità della Chiesa, creando un insieme armonico che attira e affascina gli ascoltatori. Lo stesso accade quando, entrando in chiesa, un fedele poco assiduo riconosce nella cura della musica l’attenzione e la devozione dell’intera comunità verso Gesù eucaristia.
Lunedì, 22 maggio 2023