Per costruire una comunità è necessaria la costanza di chi, quotidianamente, si prende cura degli ambienti e delle persone. L’arcivescovo lo raccomanda soprattutto ai preti novelli, che in alcuni casi sono chiamati a prendere in mano parrocchie recentemente traumatizzate proprio da scandali del clero
di Michele Brambilla
«Gesù ospita a casa sua i due discepoli che lo stavano seguendo e ora voi ospitate me. Entrando nel vostro oratorio, vedo che avete esposto delle bandierine, che il campo è stato messo in sicurezza. Chi ha fatto tutto questo? I volontari, gli adulti, la gente di Pasturo ha fatto tante cose per accogliervi. La prima parola da dire è grazie. Vi raccomando di sapere ringraziare sempre», dice mons. Mario Delpini proprio ai ragazzi dell’oratorio di Pasturo, visitato il 21 giugno. «Dovete non perdere l’occasione per amare. I giorni sono diversi, ma il nome proprio di tutti è “occasione per amare”». Nell’oratorio di Barzio, pranzando con i ragazzi delle medie, un’età nella quale i ragazzi, in trasformazione, si pongono domande molto serie su se stessi e sul proprio destino, l’arcivescovo continua a ripetere che «noi siamo al mondo per dire che siamo chiamati a essere felici: la strada della gioia la insegna Gesù, sorridere, avere stima di sé, realizzare la propria vocazione. Voi, benedetti da Dio, diventate una benedizione per tutti quelli che incontrate».
L’oratorio è sempre più visto come un luogo cruciale per la crescita dei giovani, uno dei pochi luoghi in cui si trasmettono ancora dei valori, ma in cui si scaricano anche molte tensioni latenti. Basti pensare al recente caso (18 giugno) del dirigente sportivo pestato all’oratorio S. Ambrogio di Seregno da alcuni genitori particolarmente “infervorati”, durante un torneo di calcio della categoria “pulcini”. Don Samuele Marelli, responsabile proprio degli oratori di Seregno e per anni a capo della stessa FOM, non si perde a soppesare le responsabilità personali, ma nel suo comunicato ricorda e rilancia la missione educatrice dell’istituzione oratoriale.
Il cattolico autentico, quindi, non si arrende: le difficoltà lo spingono a cercare sempre nuovi modi per trasmettere il Vangelo e la civilizzazione ad esso connessa. Proprio in questi giorni, il 22 giugno, i preti ambrosiani appena ordinati ricevono le loro destinazioni, e in un paio di casi essi dovranno affrontare situazioni molto delicate. Si fa il nome, per esempio, della parrocchia di S. Luigi Gonzaga a Milano, che apparteneva al sacerdote finito agli onori delle cronache, l’estate scorsa, per la famigerata “Messa sul materassino”.
A tutti, nel discorso tenuto ai sacerdoti in Arcivescovado, mons. Delpini augura «di avere la stessa disponibilità pronta che io ho trovato nei vicari che in questo sono un modello di collaborazione con il vescovo», dice pensando all’abnegazione con la quale lavorano molti “curiali”. Ma soprattutto «spero che in questi primi giorni nell’esercizio del Ministero abbiate tenuto saldo il riferimento a Gesù, perché senza di Lui non si può far nulla». Inoltre, «vorrei esortarvi alla calma, alla prudenza degli inizi, alla disponibilità di imparare ciò che c’è da imparare, senza schematismi». Gesù e la sapienza dei piccoli gesti: sembra di sentire riecheggiare i discorsi fatti ai ragazzi degli oratori, e non è casuale. Ogni ragazzo (maschio, ovviamente…) è un potenziale sacerdote, ma a ben vedere anche la missione del laico deve seguire questi binari per risultare davvero efficace. Le intemperanze del clero hanno fatto molti danni, ma anche il laicato ha molto da farsi perdonare.
Lunedì, 26 giugno 2023