All’orizzonte di un’umanità sfiduciata si staglia, ancora una volta, l’esempio dei Santi
di Michele Brambilla
Il 30 ottobre esce in libreria Qualcuno bussa al tuo cuore, una lettera collettiva dei vescovi lombardi dedicata alle vocazioni. Gli estensori non si nascondono che «l’apprensione per il ridursi del numero di coloro che si rendono disponibili al servizio della comunità come ministri ordinati e come persone consacrate induce a immaginare che si tratti soprattutto di chiedere a Dio che provveda, chiamando qualcuno in più. Come vescovi delle Chiese di Lombardia desideriamo piuttosto ricordare a tutti che ogni battezzato riceve la grazia di essere chiamato per nome a seguire Gesù per avere la vita, la pienezza della vita». Intuiscono, quindi, che il problema è un problema di fede, non di “autopromozione” dei cammini vocazionali: chi fatica a credere, fatica anche a tradurre quella fede in scelte concrete, ma la soluzione non sta semplicemente nell’aumentare i momenti di preghiera per le vocazioni. Quel che bisogna risvegliare è anzitutto la coscienza che il Signore dà sostanza a tutta la mia vita.
Mons. Mario Delpini desidera che la lettera dei vescovi raggiunga capillarmente le famiglie, pertanto la fa distribuire nell’imminenza delle benedizioni natalizie. Ogni pagina contiene un impegno preciso per ogni fascia d’età, in modo che ognuno impari a leggere in senso vocazionale la propria esistenza (anche coniugale: non sfugge ai vescovi che ad essere in crisi è anche la vocazione al Matrimonio). Troppi giovani pensano che il Cristianesimo sia un ammasso di doveri e precetti morali: in realtà, questa è la caricatura che ne ha fatto il libertinismo imperante, sempre alla ricerca di una spiritualità di comodo che “santifichi” ogni vizio. Nel Cristianesimo, invece, i “no” sono sempre naturali conseguenze di altrettanti “si”, e la bilancia pende verso i “si”.
Le omelie del giorno di Tutti i Santi ricalcano queste linee di fondo. La mattina, in Duomo, mons. Delpini definisce «il grande inganno» quello che ritiene «necessario procurarsi ricchezze, anche a costo di essere prepotenti, ingiusti, falsi. Il grande inganno che trasforma il giardino creato dal Signore, questo pianeta meraviglioso, in un campo di battaglia pieno di morti, devastato dalla rabbia, dall’avidità; che trasforma la società chiamata alla fraternità in una giungla insidiosa di cattiverie e di risentimenti» proprio mentre si pretende di costruire il Paradiso sulla terra con soli mezzi umani. Dio non è affatto lontano da noi, è sempre raggiungibile nella «comunione con Gesù, che è sempre con noi, in una intimità che nulla può compromettere, in una fedeltà al suo progetto d’amore che nulla può scoraggiare».
L’invito che condensa l’omelia al Cimitero Monumentale di Milano, nel pomeriggio del 1 novembre, è «lasciamoci chiamare dalla gloria di Dio». L’uomo non è fatto per vivacchiare, ma per ambire alle mete più alte della santità. «L’onore ai morti, l’ascolto della Parola, la festa di Tutti i Santi sono l’invito di Dio a smascherare il grande inganno che attraversa la nostra vita», ripete l’arcivescovo tra le pareti del Famedio. «Il grande inganno ci vuole disperati, mentre la verità è la rivelazione della promessa su cui si fonda la speranza invincibile», ribadisce. Dando ascolto a quel che dice san Paolo nell’epistola della liturgia del 1 novembre, bisogna recuperare, singolarmente e collettivamente, la certezza che «nulla potrà mai separarci dall’amore di Dio in Gesù». Così vissero i Santi canonizzati, così deve vivere ogni cattolico che voglia gustare i frutti del proprio battesimo, cioè essere davvero felice.
Lunedì, 6 novembre 2023