Diamo retta a Renzo e al concretissimo san Giovanni Paolo II, che ci esortano a cercare il Signore per ricostruire un mondo a misura d’uomo e secondo il piano di Dio
di Michele Brambilla
Il Discorso alla città di Milano del 6 dicembre 2023 prende le mosse da una citazione letteraria: «Torno a dire, monsignore − rispose adunque − che avrò torto io… Il coraggio, uno non se lo può dare». Sono le parole con le quali don Abbondio, il pavido parroco dei Promessi sposi, risponde al card. Federico Borromeo, che gli ricorda gli impegni e i rischi della vocazione sacerdotale. Invece, secondo mons. Mario Delpini, «il coraggio uno se lo può dare» eccome, se si fida di Dio e della bontà del Suo piano creativo.
Oggi «come un’epidemia, la paura si diffonde dappertutto, contagia tutte le età e tutti gli ambienti. È un virus abbastanza ben conosciuto, ma il vaccino per prevenire il contagio non è stato ancora trovato. La paura è un modo di sentire, di guardare al presente e al futuro, di considerare se stessi e gli altri». Il risultato è che, per esempio, «la cautela irrazionale alimentata dalla paura è uno dei fattori che dissuade dal costruire rapporti affettivi stabili, legami matrimoniali in cui è desiderata l’indissolubilità, famiglie che vivano con naturalezza il succedersi delle generazioni. Ma la paura di sposarsi e di fare famiglia è un principio di tristezza e di solitudine che contribuisce a rendere desolata la vita della società e genera un circolo vizioso che rende ancora più radicata la paura», denuncia mons. Delpini senza mezzi termini, con grande enfasi sull’inverno demografico.
Chi diffonde la paura? Una grave responsabilità ricade sul sistema mediatico. I media, che rappresentano oggi la principale agenzia educativa, amplificano solo le notizie negative e le raccontano in modo molto interessato, (in)consapevoli del fatto che «la “visione del mondo”, la percezione della realtà si configurano come un processo complesso in cui interagiscono esperienze dirette, notizie ricevute, stati d’animo personali, chiacchiere condivise». Proprio per questo non si può buttare la croce solo sui media, perché «anche i discorsi quotidiani, le chiacchierate in famiglia, tra gli amici, nell’ambiente di lavoro contribuiscono a “creare il clima” che si respira. Se i genitori quando parlano tra loro accumulano lamentele, sfogano malumori, esprimono risentimenti a proposito dell’ambiente di lavoro, delle relazioni tra parenti, dei comportamenti dei vicini di casa, possono i figli che ascoltano evitare di avere paura dell’ambiente di lavoro e dei rapporti con le persone?».
Ancora una volta l’arcivescovo denuncia che il problema è culturale: abbiamo costruito con le nostre stesse mani la nostra prigione, e questo perché abbiamo rifiutato Colui che, invece, è la fonte della gioia perenne: il Signore. «La fiducia richiede un fondamento trascendente. Persone sagge e osservatori attenti della storia e della mentalità europee hanno riconosciuto un principio di disperazione e di sfiducia nella volontà di potenza e nella presunzione di autosufficienza che dichiarano inutile e, anzi, mortificante il riferimento a Dio», quando la religione cristiana è invece da sempre la forza trainante delle migliori energie, come provano le biografie dei Santi.
L’arcivescovo esplicita che «per i cristiani il riferimento a Gesù, alla sua missione e al suo messaggio deve ispirare una fiducia che può essere invincibile, se la pratica cristiana non è troppo superficiale e convenzionale. Gesù accompagna i suoi discepoli anche nelle tempeste della vita con la sua presenza che infonde coraggio e fiducia: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!” (Mt 14,27; Mc 6,50)».
Parole che ne richiamano altre, provenienti dal medesimo alveo cristiano. Mons. Delpini cita ancora una volta i Promessi sposi proponendo a tutti l’intercalare di Renzo, specialmente nei momenti più difficili: «La c’è la Provvidenza». Renzo nel romanzo manzoniano incarna il senso comune del contadino cattolico che ha costruito, nei secoli, la civiltà lombarda, confidando proprio nella Provvidenza divina. La seconda è altrettanto nota, tratta dall’omelia con cui san Giovanni Paolo II inaugurò il suo ministero sulla Cattedra petrina (22 ottobre 1978): «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo», perché solo Lui conosce il nostro cuore, solo su di Lui si può fondare una civiltà a misura d’uomo e secondo il piano di Dio.
Lunedì, 11 dicembre 2023