Mons. Mario Delpini onora il centenario della FOM con una grande Messa in Duomo, che conferma il ruolo di primaria importanza che gli oratori continuano ad avere anche nei confronti di una generazione “sequestrata” dai social e prostrata da pretese disumane
di Michele Brambilla
La sera del 26 gennaio il Duomo di Milano si riempie di coadiutori e giovani degli oratori per ricordare che, esattamente un secolo fa, il card. Eugenio Tosi (1922-29) firmava il decreto con il quale istituiva la Federazione degli Oratori Milanesi, l’organismo che tuttora fa da coordinamento delle iniziative pastorali rivolte ai ragazzi.
Il Duomo è pieno, ma quanti altri potrebbero starci ancora! Mons. Mario Delpini, prendendo spunto dalla pagina di Vangelo, mostra nell’omelia come Gesù sappia vincere la scorza dei “disperati” della sua epoca. Anche «oggi siamo rimasti in pochi a credere che l’umanità viva e sia chiamata alla vita», dice senza giri di parole, ma aggiunge che «gli oratori e tutti quelli che si dedicano a proporre percorsi educativi devono reagire ad un atteggiamento diffuso di rassegnazione, infatti molti non fanno altro che piangere e lamentarsi» di questa generazione di ragazzi, fino, denuncia, a deridere la speranza.
«Gesù, invece, dice la verità: questa generazione di ragazzi non è morta, ma dorme», intontita da chi la vuole rendere un gregge di consumatori o la schiaccia su ritmi adatti più ad un computer che ad un essere umano. L’arcivescovo parla di una generazione «sequestrata dalla seduzione dei social e dalla paura che tutti si impegnano a seminare dappertutto», ma, assicura, «gli oratori sono stati inventati per accompagnare anche questa generazione».
«Celebrando l’anniversario della FOM ricordiamo il card. Eugenio Tosi, che ha orientato la FOM a compiere la sua missione verso tutti gli oratori della diocesi. Mi piacerebbe essere un santo vescovo come il card. Tosi, e orientare tutti gli oratori della diocesi ad una missione che chiede convinzione, condivisione e partecipazione al cammino diocesano», rilancia mons. Delpini. Nel 1924 si erano intravisti i tempi della nuova evangelizzazione, che ora si manifestano chiaramente. «Perciò mi sono convinto a formulare un “editto”» di 7 articoli, che descrivono la situazione degli oratori di oggi e di domani.
Il primo è «la comunità degli adulti. Perciò ci sia in ogni oratorio una comunità educante», che non può essere scaricata sulle spalle del solo prete o dei pochi collaboratori stretti, perché tutti i cattolici, nei diversi ambiti di azione, condividono la stessa missione e siedono alla stessa mensa eucaristica. Il secondo è rammentare che in ogni oratorio «c’è un ingresso», che è aperto davvero a tutti, salvo il rispetto per la finalità educativa degli ambienti e delle iniziative proposte.
Terzo, «ci sono i campi, luoghi in cui giocare e fare festa», che non vanno, però, lasciati allo stato brado: si riscoprano i giochi organizzati! Soprattutto, quarto, in ogni oratorio «c’è una cappella», costante invito ad ascoltare il Signore e a pensare in senso vocazionale la propria esistenza. «Senza la fiducia in Dio la vita non ha senso», mentre troppo spesso la preghiera è l’attività più negletta negli stessi oratori! Le cappelle, con la Confessione, sono anche l’ospedale da campo della parrocchia, presso il quale si curano «gli angoli bui» dei nostri ragazzi. «Nessuno è al mondo per caso, nessuno è al mondo per niente», ripete con forza mons. Delpini.
La sesta indicazione dell’arcivescovo è prestare attenzione al calendario, sia liturgico che pastorale, dato che «non tutti i giorni sono uguali». Si viene in oratorio anche per riscoprire il senso del tempo. Peraltro, ogni fascia d’età ha i suoi appuntamenti diocesani. Perderli significa tralasciare occasioni importanti di educazione. «Bisogna incontrarsi, bisogna sentirsi parte di uno stesso popolo», la Chiesa, che si costruisce anche giocando assieme una domenica pomeriggio.
«Settimo. Ogni anno, ogni stagione ci sono i simboli, gli slogan e i canti della FOM»: essere una federazione significa, ancora una volta, alzare lo sguardo su tutta la Chiesa diocesana e universale. Troppo spesso ognuno fa superbamente per sé, incrementando anche in ambito ecclesiale l’individualismo imperante nella società. In un’epoca di frammentazione, anche nella Chiesa, è importante riscoprire l’anelito all’unità dei discepoli di Cristo.
Lunedì, 29 gennaio 2024