La visita ad limina, l’arcivescovo che scrive ai giovani e una nuova ricerca sociologica sugli oratori: tutti richiami al nostro vivere insieme come cattolici
di Michele Brambilla
Tra il 29 gennaio e il 2 febbraio mons. Mario Delpini compie, assieme ai confratelli delle diocesi lombarde, la visita ad limina Apostolorum: un dovere di ogni vescovo, che deve rendicontare al Papa la conduzione della propria diocesi e/o della propria provincia ecclesiastica. Se l’udienza con Papa Francesco avviene il 1 febbraio, nelle altre giornate i vescovi lombardi sono attesi presso i numerosi dicasteri vaticani per un momento, anche lì, di consultazione e rilancio della pastorale. Le “Chiese particolari”, ovvero le diocesi, non possono concepirsi come un ente a se stante rispetto all’intera comunione cattolica. Nella pluralità dei costumi e dei carismi, la Chiesa è unam sanctam.
Da Roma mons. Delpini fa pubblicare, il 31 gennaio, la risposta alle regole di vita presentate dai giovani ambrosiani durante la veglia Redditio Symboli di questo autunno. Come scrive l’arcivescovo a ciascuno, «hai scritto la tua “Regola” perché hai accolto la proposta che ti ho fatto pervenire attraverso il tuo prete e i tuoi educatori, nel percorso della Pastorale Giovanile». Si è cattolici dentro una comunità, in un ambiente che ti ha generato alla fede e ti accompagna nella tua crescita. «È un modo per riconoscere che la tua età e la tua vita non sono un enigma confuso, in cui non si capisce niente se non che è complicato, difficile, pasticciato. Invece viviamo di una vita ricevuta, un dono che è come un seme che sta germogliando, fragile e promettente. Un dono, perché viene da Dio; fragile, perché ci sono tante incertezze; promettente, perché il bene proposto risulta attraente e possibile», prosegue mons. Delpini.
«Quello che è certo è che può diventare vita solo insieme. Insieme con Gesù, perché senza di Lui non possiamo fare nulla. Insieme con la tua comunità», insiste, «perché Gesù chiama tutti i suoi discepoli a vivere la fraternità serena e sobria, l’amicizia intensa e pura, l’amore di reciprocità, la vita insieme a coloro che compongono la famiglia, la prossimità a coloro che ti sono affidati per un servizio ai poveri, ai più piccoli».
Cosa offrono le nostre comunità, i nostri oratori, nei cammini che potremmo comodamente definire “post-Cresima”? Questa è la grande domanda che si è posta la FOM assieme ai ricercatori dell’Università Cattolica, dell’Università degli Studi Milano-Bicocca e del Politecnico, evidenziando una certa disomogeneità proprio laddove ce ne sarebbe maggiore bisogno, ovvero i quartieri più svantaggiati o quelli frutto dell’edilizia più recente. Ad ogni modo, la ricerca sociologica, presentata proprio il 31 gennaio, festa di san Giovanni Bosco, presso la Fondazione Ambrosianeum di Milano, «fa emergere una apertura all’accoglienza e all’integrazione che nei fatti si realizza negli spazi aperti e nelle attività informali dell’oratorio, nelle attività educative e ricreative più strutturate», grazie al fatto che gli oratori mantengono una certa capillarità sul territorio diocesano e una notevole vivacità progettuale. Possiamo così elogiare «un oratorio», inteso come istituzione, «che annuncia il Vangelo entrando nella storia concreta dei ragazzi, offrendo la possibilità di incontrarlo nei volti delle persone, attraverso relazioni e spazi di incontro informale, non necessariamente strutturato, che valorizzi i giovani come primi annunciatori del Vangelo ad altri giovani».
Lunedì, 5 febbraio 2024