CL continua a riempire il Duomo nell’anniversario della morte di don Giussani, segno di una presenza che testimonia quella che il servo di Dio chiamava “pretesa” cristiana, ovvero che Cristo “c’entri” davvero con tutto
di Michele Brambilla
Il 26 febbraio il movimento di Comunione e Liberazione gremisce il Duomo di Milano per la Messa di suffragio nell’anniversario della morte del servo di Dio mons. Luigi Giussani (1922-2005), fondatore del movimento. Il 28 febbraio presso la Fondazione Ambrosianeum si presenta un libro dello storico Giorgio Del Zanna, dell’Università Cattolica, che analizza proprio gli anni fondativi dell’allora Gioventù Studentesca, ovvero l’episcopato del card. Giovanni Battista Montini (1954-63), cioè san Paolo VI. Il futuro Papa individuava «innanzitutto la questione religiosa» come centrale nella Modernità e il giornalista Marco Garzonio ricorda che «tra fine anni Cinquanta e inizio anni Sessanta a Milano il mondo giovanile era per la maggioranza di ispirazione cattolica», con l’apporto determinante dei giovani di don Giussani. Anche Davide Prosperi, attuale presidente della Fraternità di CL, parte dalla storia nel suo indirizzo di saluto per la Messa del 26 febbraio, rievocando «il cuore gonfio e traboccante di don Giussani quando ha salito i gradini del liceo “Berchet”, proprio qui a Milano, dando inizio alla grande avventura di cui siamo parte e per cui siamo qui ora».
Gli ultimi decenni, segnati dalle tensioni interne, dalle inchieste giudiziarie e dalle defezioni, non sono stati particolarmente felici per la Fraternità, ma «anche se i discorsi abituali suggeriscono la rassegnazione all’inevitabile declino, anche se la cronaca convince alla desolazione per l’irrimediabile prevalere dell’ingiustizia, anche se le statistiche e le impressioni dicono di una società sterile, senza futuro, la Parola annuncia che la storia è abitata dalla promessa che Dio giura ad Abramo: e ti renderò molto, molto fecondo. Stabilirò la mia alleanza con te e con la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione, come alleanza perenne, per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te», dice mons. Mario Delpini nell’omelia.
«Dio è alleato fedele di Abramo e della sua discendenza e il Signore Gesù ha dato compimento alla promessa versando il suo sangue per la nuova ed eterna alleanza. Dio è affidabile e coloro che credono nel Padre del Signore Nostro Gesù Cristo vivono nella fiducia, camminano nella fede e sanno che Dio compie la sua promessa. Noi professiamo la nostra fede: ci fidiamo di Dio e non ci lasciamo abbattere come coloro che non hanno speranza», evidenzia l’arcivescovo. Ci può essere la tentazione dello “scandalo facile”, quella dello spirito di divisione, addirittura «la tentazione della donna straniera», cioè «la tentazione di quello che è estraneo alla sapienza di Dio», ma «celebriamo con gratitudine gli anniversari che ricorrono in questi giorni e apriamo lo sguardo alla speranza riconoscendo che la storia è abitata dalla promessa della incalcolabile fecondità e che la via di Abramo conduce a Gesù», invita mons. Delpini sulla base delle letture del giorno.
Ancora centrale, quindi, quella che don Giussani chiamava la «pretesa cristiana», ovvero che un umile falegname di Nazareth sia davvero Chi dice di essere e costituisca il significato ultimo di tutte le cose. Nelle grandi come nelle piccole cose, siamo fondati su radici imperiture: ecco perché nella cerimonia di immissione dei nuovi parroci l’arcivescovo raccomanda al suo clero l’amore per «la storia in cui si entra, per quello che si è fatto, la stima per chi ci ha preceduto».
Lunedì, 4 marzo 2024