L’arcivescovo prende carta e penna per stilare un comunicato molto accorato, ma anche molto tagliante sulla vicenda di don Mattia Bernasconi, difendendo l’onorabilità del suo clero di fronte a chi soffia sul fuoco di episodi spiacevoli per aumentare la frammentazione ecclesiale
di Michele Brambilla
Non si placa l’eco del sacrilegio compiuto a luglio da don Mattia Bernasconi, giovane sacerdote ambrosiano, in quel di Crotone. Non si placa perché c’è chi ha voluto trasformare questo episodio in un pretesto per sputare sull’intero clero milanese e, soprattutto, per mettere nuovamente sotto accusa il Concilio Ecumenico Vaticano II con la sua riforma liturgica.
Mons. Mario Delpini è una persona schiva, che è stato a lungo professore e rettore del Seminario Arcivescovile, affrontando anche passaggi molto delicati nella vita dell’istituto. Di fronte al fatto compiuto, ha preferito inizialmente indurre don Mattia alle scuse, cosa che il giovane prete ha compiuto pubblicamente, e si è limitato a condividere il comunicato della diocesi di Crotone, ma ora «la risonanza pubblica che ha avuto la vicenda della s.Messa celebrata da don Mattia Bernasconi al mare mi inducono a rendere pubblico il mio giudizio». L’arcivescovo non poteva, infatti, ignorare il tono sempre più velenoso e massimalista delle missive che, da quel giorno, sono state recapitate alla Curia di Milano e alla Congregazione romana del Culto divino, dato che «alcuni hanno espresso il sincero e profondo sconcerto di fedeli, altri hanno elaborato riflessioni, teorie, valutazioni sistematiche sproporzionate, altri hanno semplicemente insultato me e i miei collaboratori, per non parlare di dibattiti infiniti che si sono svolti in diverse sedi» inappropriate, pertanto ha deciso di scrivere a sua volta una lettera aperta.
Mons. Delpini ribadisce che «mi dispiace dello sconcerto e della sofferenza che hanno ferito la sensibilità di fedeli sapienti e devoti», scrive non senza una punta di ironia, specie nell’aggettivo “sapienti”: anche le rimostranze più giuste possono essere presentate nella maniera sbagliata, offendendo la virtù della carità. A scanso di equivoci, «io ritengo che il modo di celebrare scelto da don Mattia sia una sciocchezza senza giustificazioni», come riconosciuto dallo stesso sacerdote. «Sarà doveroso per don Mattia», ma anche per l’intero clero diocesano, «riprendere con serietà una formazione liturgica che consenta di capire come sia stato possibile questo comportamento ed evitare che si ripeta». In questo modo l’arcivescovo ribadisce la necessità, per il clero ambrosiano nella sua interezza, di ripartire dai fondamentali, come egli stesso insiste da diverso tempo, ma si rifiuta, allo stesso tempo, di gettarlo in pasto ai furori mediatici o a chi si appiglia a qualche episodio sgradevole per aumentare la frammentazione ecclesiale.
Lunedì, 22 agosto 2022